Simona Lapomarda: ‘La mia passione per il calcio’

‘Sei troppo perbene. Ma lo ami. Vai avanti lo stesso.’

SIMONA sei troppo perbene per questo mondo. Ma vai avanti lo stesso. Ami troppo il calcio’. L’approccio allo sport, e forse alla vita di Simona Lapomarda – classe 1990, attuale calciatrice dell’Apulia Trani, Serie C regionale – sembra racchiuso in una frase che un massaggiatore, “che non sento da una vita”, le ha rivolto anni fa. “Il calcio femminile è pulito? Non penso lo si possa dire sempre e per tutti. Io sono stata spinta dalla passione. Che muoverebbe anche un vallone”.

Simona torna a casa, è tardi’. La passione, la stessa che ha spinto la giovane di Mattinata ad inseguire palloni – “a volte fatti di pezze e fazzoletti” – per le strade ed i vicoli della bellissima città garganica. “Sognando di diventare un campione”. “Quante diffidenze nella squadra di calcio, tutta al maschile. Poi quando mi hanno visto giocare, e grazie ai tanti allenamenti di mister ai quali sarò grata per sempre, ho acquisito la stima di tutti”.

Passano gli anni: ”vittorie nei campionati provinciali, fino ai giovanissimi, passando per tutte le scuole calcio”; poi “per una stupida regola” – per la quale una ragazza poteva giocare in una squadra di calcio maschile fino ai 15 anni – Simona intraprende “l’esperienza del calcio femminile”.

Alti, tanti, ma anche bassi. Molti. I sogni del successo cancellati in un momento. Discese, ripartenze e salite. Il rapporto tra il calcio e Simona sembra seguire un canovaccio comune. Un anno a Trani, in serie c (con squadra oggi, del presidente Alessio Scarcella, che è ripartita dopo i gloriosi fasti degli anni ’80), 4 anni a Bisceglie in serie b, un anno in serie A nella Lazio, crocevia forse di una carriera. “Forse non ero pronta, forse l’esperienza, probabilmente il sistema del calcio italiano” che come le sirene t’incanta e poi ti abbandona. “Ricordo ancora il mister che mi disse durante il derby: ‘preparati, tocca a te’. Poi lo stop: ‘no, sei ancora inesperta’”. E come per il lavoro, Simona esterna le perplessità delle giovani ambizioni soffocate, spesso represse: “al di là dell’aspetto economico, spesso pari a zero, ma se uno non prova mai come si fa ad acquisire esperienza?”.

Dunque il ritorno in Puglia, a Torremaggiore. Anche qui il successo ad un passo, frenato dall’imprevisto. “Vittoria nel campionato di serie C interregionale, vittoria della Coppa Puglia. Tutti pronti per cavalcare categorie importanti ma la società fallisce – forse per un disegno politico – e il sogno svanisce”.

Dopo Torremaggiore l’A2, il Caprera. “Anni molto belli, poi questioni economiche e personali mi hanno riportato a casa”. Avvisaglie di una crisi, o perlomeno di un momento difficile, atipico per le consuetudini sportive della stessa Simona: “per un anno e mezzo lascio il calcio a 11, la mia vita, per il calcio a 5 a Manfredonia. Vinciamo il campionato provinciale, 3^ nel campionato regionale”. Il momento di stasi positiva è interrotto da quello che un calciatore – nel suo percorso sportivo – non vorrebbe mai affrontare: gli infortuni e le ricadute. “Mi rompo la caviglia due volte. Mi stanco. Dico basta al calcio a 5. Volevo ritornare alle origini. Ai campi lunghi e larghi del Calcio a 11, a volte anche in terra battuta e di patate ma che per me hanno sempre rappresentato il calcio. Le offerte del resto non mi mancavano”.

Quando Simona è pronta a ripartire per un nuovo progetto di sport e di vita un imprevisto. Fatale. “Un incidente. Lo voglio chiamare così. Ma non c’entrano muscoli o caviglie. Un incidente imprevisto. Il dolore al capo. Il senso di smarrimento. Il timore anche di morire. Ho capito tante cose: ho compreso che il calcio non è tutto. La vita non è solo forma fisica, allenamenti e partite ma anche legami, condivisione ed apertura con coloro che davvero ci vogliono bene: i familiari, innanzitutto”.

A novembre 2013 il nulla osta dei dottori, dopo il timore di non tornare mai più a giocare: “quando pensavo che tutto era finito, riparto. Tesseramento con l’Asd Apulia Trani, in serie C regionale. Vita frenetica, scadenzata tra lavoro, palestra e allenamenti, con spazio ancora a nuovi sogni.”

Simona basta col pallone, ritorna a casa’. Già perché la ragazza che correva nei vicoli di Mattinata con gli amici, rincorrendo palloni fatti di pezze e adesivi, nella città garganica vede il suo futuro: “alleno i bambini della scuola calcio maschile. Mi piacerebbe pensare ad una squadra di calcio femminile. Ma nel mio cuore c’è la speranza di rilanciare lo sport a Mattinata, che praticamente non esiste. Il lavoro, il turismo, l’occupazione dunque, restano fondamentali per la crescita del nostro paese, come in tutt’Italia, ma lo sport, le discipline sportive rappresentano la base per la crescita di ogni comunità, per le future generazioni”. E sorridendo Simona riparte.

Fonte: Statoquotidiano.it
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