In ricordo di Rinuccia Guerra, per anni bidella delle scuole elementari, che amava la propria terra e la famiglia

Sono vissute all’interno di un sistema di relazioni capaci di legare i punti cardinali di un’epoca lontana tra la Parrocchia, la scuola di ricamo e cucito e le Suore

Caterina Guerra

Ai più giovani Lillina e Rinuccia Guerra non destano alcun interesse, né curiosità, ma a coloro che le hanno conosciute sono state due sorelle simbolo di una comunità in cui lo struscio su Corso Matino era affollato, le sedie sui marciapiedi erano succosi momenti di conversazione, potendosi guardare dritti negli occhi per raccontarsi e raccontare.

Sono vissute dunque all’interno di un sistema di relazioni capaci di legare i punti cardinali di un’epoca lontana tra la Parrocchia, la scuola di ricamo e cucito e le Suore.

Anzi, ne rappresentavano il volto più significativo poiché condividevano con le suore, in particolare con Suor Cornelia e Suor Egidia, di venerata memoria, le difficoltà, ma anche i progetti di una missione cristiana caratterizzata da comportamenti ed insegnamenti semplici, di cui tuttavia si avvertiva la loro efficacia, soprattutto nelle famiglie.

Animate da una profonda fede, hanno lavorato con zelo, cercando di venire incontro alle tante esigenze della comunità parrocchiale e distinguendosi per il sorriso e la disponibilità.

Erano indissolubilmente legate per il sangue, ma anche per una scelta di vita che riusciva ad essere crocevia di amicizie anch’esse indissolubili poiché la lealtà e la fedeltà nei rapporti sociali costituivano una robusta intelaiatura in grado di sfidare ogni prova.

Dopo Lillina, scomparsa nel 2006, oggi è ascesa al Cielo la compianta Rinuccia, per anni bidella, portandosi dietro una storia intrisa di aneddoti, gesti ed atti solidali, amore per la propria terra e per la famiglia.

Allora vale la pena di accennare a quel mondo attraversato da fatiche e, nel contempo, da spensieratezza per comprendere le inquietudini del nostro tempo.

Chi varcava la porta della loro casa restava ammaliato dalla serenità e dalla gioia che accompagnavano ogni loro parola, confortatrice e consolatoria.

Tra quelle pareti non c’era spazio per la rassegnazione al disagio che pure l’esistenza le aveva riservato, ma esclusivamente la speranza cristiana cioè la certezza che in fondo al tunnel puoi incontrare Cristo che Illumina il percorso della vita.

In tal modo, la loro testimonianza veniva percepita come un evento che può cambiare la storia di ognuno non con roboanti proclami quanto con la consueta saggezza popolare che diventava sapienza coltivata per decenni al fianco delle Suore, Discepole di Gesù Eucaristico, imbevendosi di dottrina e apprendendo con sagacia i rudimenti dell’antica arte del ricamo.

Spesso quella comunità costituita da tante ragazze, frequentanti il laboratorio di suor Egidia, con il parroco don Francesco La Torre e le Suore diventava una comunità itinerante per raggiungere in pellegrinaggio i luoghi di fede.

Sono state l’archetipo di un mondo che progressivamente è stato caratterizzato dai social in cui lo spazio è stato assorbito da internet, il tempo dall’attimo, ma restano indelebili solide tracce di un contesto che è bello e caro ricordare.

Michele di Bari
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