Quei libici deportati nel 1911

Domani alle Tremiti una delegazione libica per ricordare il dramma

Domani una delegazione libica visiterà l’arcipelago Diomedeo per commemorare la deportazione del 1911.

Quando nel 1911 il liberale Giolitti scatenò una guerra coloniale contro la Turchia che dominava la Libia, un contrattacco arabo-turco sorprese i bersaglieri italiani, uccidendone 500. La repressione militare fu immediata e spietata: oltre 2.000 arabi furono fucilati o impiccati e cinque mila deportati in Italia e confinati nelle isole di Ustica, Ponza, Favignana e Tremiti. Nell’arcipelago delle Diomedee ne giunsero oltre 1.300. Dopo poco più di sette mesi, a giugno del 1912, ne erano morti 437, un terzo di quelli arrivati. La causa? Stenti e malattie quali il tifo e il colera.

La deportazione scattò il 26 ottobre 1911. Alle Tremiti arrivarono libici catturati nell’area di Tripoli. Erano mendicanti, ricchi proprietari, contadini, lavoratori, mercanti, fruttivendoli. Ma anche bambini, donne ed anziani. Tutti accusati di cospirare con il nemico. Dopo tre giorni di navigazione, durante la quale si contarono i primi morti, presso l’arcipelago Diomedeo arrivò la prima nave con 600 deportati a bordo. Non fu la prima nè l’unica, di nave. Alla fine, il totale dei libici sbarcati oscillò tra 1.366 e 1.391, secondo i rapporti redatti dai delegati della Pubblica Sicurezza di allora.

A distanza di ben 95 anni, proprio giovedì 26 ottobre 2006, quei 437 libici morti durante i sette mesi di deportazione al largo del mare Adriatico e di fronte al promontorio del Gargano, saranno ricordati da una delegazione proveniente dal loro paese.
Il programma prevede una breve cerimonia davanti al mausoleo libico eretto due anni presso l’Isola di San Nicola. Il sindaco delle Isole Tremiti Peppino Calabrese, che ha fortemente voluto il sepolcro monumentale, è pronto ad accogliere la numerosa delegazione (sono più di cinquanta persone) inviata dal leader Gheddafi.

Lo sbarco della folta rappresentanza africana, rientra nel quadro delle commemorazioni che il popolo libico, ogni anno osserva, presso ognuna delle isole italiane, che furono teatro delle deportazioni di inizio secolo. ´Lo fanno per tenere vivo il ricordo, seppure dolorosoª ammette Calabrese, che non ha mai nascosto i suoi sentimenti di amicizia per il popolo libico. Per la cronaca si ricorda la provocazione di qualche lustro fa, quando, per protestare contro Roma, si disse pronto a farsi annettere alla Libia.

La deportazione di libici in Italia nelle isole Tremiti rappresenta, forse, una delle pagine più vergognose della storia colonialista italiana. Il mausoleo libico sorge di fronte al vecchio cimitero dell’isola di San Nicola ed è circondato da una folta vegetazione che ´quando spira il vento, ondeggia, emettendo un suono, che è simile ad un’antica nenia africanaª, rivela Calabrese.

Francesco Trotta
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