Poesia in dialetto, incontri con Francesco Granatiero
Doppio appuntamento a S. Giovanni Rotondo e Monte S. Angelo con i versi del poeta di Mattinata
Doppio appuntamento con la poesia di Francesco Granatiero. Il 18 agosto alle 21 a San Giovanni Rotondo con Leggi in piazza e il 21 alle ore 18.30 alla tomba di Rotari di Monte S. Angelo in Labirinto, serate con l’arte poetica del mattinatese Francesco Granatiero, ambasciatore della cultura poetica del Gargano.
La poesia in dialetto, dopo il grande interesse degli anni ’80 e ’90 del secolo breve, sta ora attraversando un periodo difficile. Non che l’ispirazione venga meno. L’editoria e i lettori, con il vertiginoso dilagare di internet, rivolgono ad altro la loro attenzione. Ma qua e là affiorano indizi di ripresa. Granatiero infatti sarà ospite a settembre con altri grandi neodialettali alla Biennale di poesia di Alessandria. Anche in Puglia, con l’uscita del suo vocabolario dei dialetti garganici (2012), sembra muoversi qualcosa. In agosto Granatiero sarà infatti protagonista con La chiéve de l’ùrte (La chiave dell’orto), edito da Interlinea di Novara, a San Giovanni Rotondo nella rassegna “Il libro che ti ha cambiato la vita” e a Monte Sant’Angelo in un magico labirinto di straordinarie letture dedicate alla città.
Di Granatiero, nato a Mattinata (ma da sette lustri medico a Torino), sono di recente apparsi deliziosi sonetti di settenari dedicati all’ulivo, sette dei quali sulla rivista l’immaginazione di Lecce e dodici con altrettanti suoi disegni su incroci di Bari. La sua poesia, scritta in un dialetto arcaico, non cessa di stupire, e non perchè se lo prefigga, bensi perchè nata da occhi e cuore colmi di stupore per ciò che vede o ascolta attraverso la memoria.
Granatiero da alcuni mesi sta lavorando a una grafia normalizzata dell’Alto Meridione, che riunisca in un’antologia, ritrascritti in modo semplice e univoco, i dialetti dei poeti storicizzati di Abruzzo, Molise, Puglia, Lucania, Calabria settentrionale, Campania che non si riconosce nel napoletano e parti limitrofe di Marche e Lazio, tutti caratterizzati dalla cosiddetta “e muta”: un’operazione inedita che non solo tenta di mettere ordine in una scrittura proteiforme spesso arbitraria e astrusa, ma che esprime un’entità linguistica geografica e storica a sé, letterariamente non ancora considerata.
Francesco Bisceglia
La Gazzetta del Mezzogiorno