Il parroco emerito don Francesco La Torre compie 80 anni

Con stile sacerdotale al servizio di Mattinata quale maestro di dottrina e testimone del Vangelo

don Francesco La Torre

Il canonico don Francesco La Torre, parroco emerito della Parrocchia Santa Maria della Luce, compie ottant’anni, di cui cinquantacinque anni di sacerdozio trascorsi interamente a Mattinata dove per oltre quarant’anni ha guidato pastoralmente la comunità.

Bastano questi numeri per descrivere la dimensione temporale, ampia e significativa, che ha segnato la storia di generazioni che oggi desiderano festeggiare nell’intimo e senza clamore un fecondo rapporto sacerdotale capace di assorbire la sofferenza e di sostenere la gioia.

Negli anni di profonda trasformazione sociale determinata dall’affermazione della vocazione turistica di Mattinata che si affiancava a quella agricola, il discreto ed incisivo ministero sacerdotale di don Francesco si faceva presenza vivificante tra i tanti fedeli che sono stati accompagnati per ritrovare la speranza laddove la disperazione ne aveva preso il sopravvento e per volgere lo sguardo a Cristo Risorto laddove la fede si stava affievolendo.

Un compleanno dunque che non può essere racchiuso nella sfera personale o famigliare quanto un avvenimento che idealmente coinvolge la comunità che non ha dimenticato il suo storico parroco in cui lo zelo sacerdotale e la profonda conoscenza delle Scritture e della teologia non lo hanno mai fatto deragliare dai suoi itinerari pastorali, ricorrendo alla Bibbia , il codice universale dell’umanità , per ritrovare nel perdono la solida barriera per sconfiggere il maligno.

Un sacerdozio quindi che nel tempo si è irrobustito perché la vocazione è rimasta ben salda; la dottrina non è stata condizionata dai venti che hanno cercato di strattonare la barca di Pietro, restando fedele agli insegnamenti del Vangelo e del Concilio Vaticano II.

Non è stato né facile, né scontato per un prete di una piccola comunità seguire passo dopo passo i processi di trasformazione della società per confrontarsi con quanti mettevano in discussione principi ritenuti solidi, soprattutto negli anni post conciliari nei quali don Francesco ha dovuto fronteggiare da una parte un secolarismo pervasivo e dall’altra parte arginare i fautori di una chiesa più umana.

Ma i Santi, maestri di umanità, ci insegnano che c’è bisogno invece di una chiesa più divina: essi “traducono il divino nell’umano, l’eterno nel tempo e… che non ci abbandonano nemmeno nel dolore e nella solitudine, anzi anche nell’ora della morte camminano al nostro fianco”.

Ecco perché il suo ottantesimo genetliaco è simbolo ed archetipo del tempo donato alla comunità in cui il Cristo è l’orizzonte lontano del buon cristiano che vive certamente le molteplici realtà terrene, ma con lo sguardo rivolto verso l’assoluto.

Grazie, caro Don Francesco, per la Tua testimonianza di sacerdote.

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Michele di Bari
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