Le tradizioni di Ognissanti e dei Defunti a Mattinata: un viaggio nelle antiche usanze
- 31 Ottobre 2024
L'àneme i murt! E ndla sacchett che purt?
Un ricordo del Natale passato raccontato da Luigi Gatta
Alla metà degli anni ’60 si costituì a Mattinata un “gruppo scout”, eravamo più o meno tutti liceali: Raffaele, Francesco, Michele, Luigi, ecc. Ora, dopo più di 50 anni, siamo tutti, o quasi, in pensione: ex medici, impiegati e qualche artigiano.
Nostro amico e assistente era il seminarista Francesco Paolo La Torre che tra qualche mese sarebbe stato ordinato sacerdote, e anche lui ora in pensione. Infatti il 30 luglio A.D. 1966 con una solenne cerimonia nella cattedrale di Manfredonia il vescovo consacrò don Francesco Paolo La Torre nuovo parroco; noi giovani scout assistemmo all’evento felici e commossi come i suoi parenti e altri cittadini di Mattinata.
Don Francesco Paolo aveva anche la passione per la fotografia, quando celebrò la sua Prima Messa Solenne nella nostra Chiesa il 15 agosto 1966 anche io, trovandomi vicino l’armonium immediatamente a sinistra dell’Altare maggiore, scattai qualche foto nei momenti più solenni della Sua Prima Santa Messa, erano in bianco e nero, le feci vedere a Don Francesco Paolo anni dopo appena ritrovate in un mio dimenticato album. Lui naturalmente ne ha di più interessanti e a colori sicuramente.
In quella indimenticabile estate durante una riunione del “gruppo scout” pensammo a una iniziativa per festeggiare e ricordare a modo nostro, nel tempo, il nuovo parroco. Intanto si avvicinava il Natale, personalmente fino a qualche anno prima aiutavo l’indimenticabile sagrestano Michele Mancini, tra l’altro anche valente musicista, a realizzare un grande presepe nell’arcata sinistra dell’Altare maggiore. Non ricordo a chi venne l’idea, ma tutti convenimmo che il miglior modo di festeggiare il nuovo parroco, sempre attento e vicino a noi, poteva essere proprio un “presepe” molto più grande del solito e diverso, da essere ricordato negli anni.
Ne parlammo con Don Francesco Paolo perché non avevamo le idee ben chiare, né un progetto facilmente realizzabile, lui ci ascoltava silenzioso poi disse: “E se ne facciamo tre in uno?”. “Come tre in uno?”, osservammo meravigliati. “Ma si”, replicò Don Francesco Paolo, “è facile”, tre presepi: uno tradizionale (la grotta, i Re magi, ecc.), poi una piazza di città come presepe e in alto la festa in cielo per il bambinello Gesù: diversi cerchi concentrici molto illuminati con tante luci!
Fummo tutti concordi con Don Francesco Paolo il quale giustamente aggiunse di iniziare subito, dopo la Festa Patronale del 15 settembre, a raccogliere il materiale necessario ovunque disponibile, a iniziare dal ripostiglio della Chiesa. Lo facemmo con entusiasmo, stabilendo quello che doveva essere il compito di ognuno: personalmente dovevo realizzare il presepe tradizionale, considerata l’esperienza degli anni passati con il sagrestano Mancini.
Per realizzare un presepe diverso dagli altri anni dovevamo utilizzare tutto lo spazio tra le due grandi colonne a destra dell’entrata nella Chiesa. Lavorammo per più di tre mesi e soprattutto di sera, sempre in allegria e reciproci sfottò. L’impalcatura richiese molto tempo e fatica, prima di tutto per trovare il legname necessario; a parte quel poco che rinvenimmo nel ripostiglio, non ricordo, dopo tanti anni, ma senz’altro provvide Francesco apprendista falegname; ricordo bene, invece, che ricavammo molto materiale anche da un vecchio bigliardino che avevamo nella sede scout. Per le pietre nessuna difficoltà: dietro la Chiesa non mancavano e ricordo anche chi le andava a prendere, il più magrolino di noi, Raffaele, futuro medico.
E intanto l’anziano parroco, Don Salvatore Prencipe, che ne pensava? Ci guardava lavorare, ma era sempre visibilmente preoccupato, quando entrava in Chiesa e la sera che andava a casa; dopo il primo mese di lavoro spesso lo si sentiva brontolare tra se e una volta mi sembrò che bisbigliasse “Mo channa spiccé!”. Comunque ci sopportava con pazienza, cercando da parte nostra anche di non fare molto rumore per non disturbare le sue silenziose riflessioni.
All’inizio di dicembre 1966 il più del lavoro era fatto, per le rifiniture ognuno esprimeva il suo parere e chiaramente si faceva sempre come suggeriva chi aveva più senso artistico, vale a dire Francesco, futuro medico, pittore e soprattutto “dialettologo”. Naturalmente anche il giudizio di Don Francesco Paolo aveva la sua importanza.
Una sera venne a trovarci in Chiesa il compianto amico Michele Aulisa di qualche anno più grande di noi. Aveva sentito del presepe in preparazione e voleva aiutarci: la sua collaborazione fu molto preziosa soprattutto per l’impianto elettrico, e non solo, rimase con noi fino alla fine.
A metà dicembre ci rendemmo conto che le vecchie statuine, “i pupazzi”, che il sagrestano Mancini tirò fuori da una panca non erano utilizzabili per il nostro presepe. Eravamo delusi e non sapevamo come fare! Don Francesco Paolo trovò la soluzione: comprarne dei nuovi e dove se non addirittura a Napoli? Detto fatto. Dopo qualche giorno Don Francesco Paolo e Michele Aulisa partirono per Napoli, la Capitale della tradizione del Presepe in Italia, dopo Greccio naturalmente!
Assieme alle statuine Don Francesco e Michele portarono un lume speciale che aveva dipinto intorno immagini di pastori, Re magi, la Madonna e San Giuseppe. Accendendo il lume dopo un po’ con il calore le immagini incominciavano a girare proiettando le ombre nell’intero Presepe e sembrava che tutto si muovesse, soprattutto quando decidemmo di nascondere il lume.
Per i vari rifacimenti dei tre presepi arrivammo al 23 dicembre e c’era ancora tanto da fare! Io intanto mi sentivo influenzato e con un po’ di febbre che mi costrinse a rimanere a casa il pomeriggio. Allora la Chiesa non aveva il riscaldamento, e proprio dalla parte del presepe si notava l’umidità dei muri. Ero preoccupato, che figura avremmo fatto se non fossimo riusciti a finire il presepe per l’indomani della vigilia? Chiaramente la stessa preoccupazione dovevano avere anche gli amici impegnati fin dal primo pomeriggio del 23 dicembre, e infatti decisero di rimanere tutta la notte a lavorare per finire finalmente un grande e diverso presepe!
Al mattino presto del 24 dicembre arrivò il sagrestano Michele e subito si accorse che il portone era appena socchiuso, entrando vide poi le luci accese e non poté fare a meno di imprecare, ma dopo pochi passi in Chiesa si accorse che tutti stavano lavorando, stanchi, assonnati e infreddoliti. Non perse tempo il buon sagrestano, aveva capito che erano rimasti in Chiesa tutta la notte, uscì di corsa e dopo un po’ ritornò con due termos di cioccolata calda e biscotti.
Verso le 10 del mattino della vigilia mi sentivo meglio e sfibrato, mi recai subito in Chiesa e notai che molti fedeli erano ammirati davanti al presepe: a un certo punto pareva che il presepe si animasse e tante erano le espressioni di meraviglia dei fedeli in attesa della Messa, non sapevano che tutto dipendeva da quel piccolo lume nascosto. Dopo un po’ si avvicinò anche l’anziano parroco Don Salvatore, anche lui rimase meravigliato, non brontolava più; altra meraviglia era un asinello comperato a Napoli, uno dei pupazzi naturalmente, che ogni cinque, dieci minuti scalciava e alla vista di ciò Don Salvatore diventava sempre più allegro e contento, come un bambino più grandicello in mezzo a bambini più piccoli che si divertivano a indicare ognuno un aspetto particolare del presepe.
Credo che qualcuno abbia scattato delle foto del presepe, forse lo stesso Don Francesco Paolo o il defunto caro Michele Aulisa, speriamo che nel tempo venga fuori qualche immagine ora affidata solo al ricordo dei scout che l’hanno realizzato!
In quel clima di gioia collettiva per un nuovo parroco a Mattinata altro giovane, già laureato, sentì in sé la vocazione al sacerdozio, partì subito per Roma per iniziare gli studi di teologia, decisione forse non da tutti condivisa in famiglia, si chiama Carlo e anche lui ora è in pensione.
Dopo tanti anni ho voluto ricordare un particolare presepe realizzato a Mattinata da giovani del 1966, come accennato ora tutti pensionati settantenni, anche l’allora giovane seminarista Don Francesco Paolo La Torre che era uno di noi e succeduto poi come parroco a Don Salvatore Prencipe dopo la sua dipartita il 1974. L’esempio del 1966 non è stato mai più ripetuto anche se ogni anno un più piccolo presepe Don Francesco Paolo lo ha sempre realizzato e giustamente. Di una cosa sono certo: per tutti gli Italiani, al di là di tante diverse concezioni sul credo religioso, il Natale, la nascita di Gesù, la tradizione del Presepe sono, restano e saranno sempre carissime tradizioni irrinunciabili: la festa del Natale di Cristo è sempre la più sentita e amata dagli Italiani!
Allora, i dirigenti di certe scuole di ogni ordine, o di uffici pubblici in genere, che non vogliono il Presepe, come si sente dire qualche volta, eccedendo in sensibilità, per non offendere i mussulmani che vivono in Italia, questi dirigenti, il cui orientamento politico è ben noto, dovrebbero sapere che il loro primo dovere è quello di non offendere gli Italiani e le loro sacrosante tradizioni che sono alla base della nostra civiltà e cultura.
Se qualche musulmano si sente offeso dal Presepe che ricorda la nascita di Cristo, magari per la lontana memoria delle storiche “crociate”, che non furono solo dei cristiani, forse non ha letto bene il sacro Corano che nelle diverse “sure” onora Gesù come grande profeta ebraico, e del resto la stessa predicazione di Maometto ha le sue radici proprio nell’ebraismo e nel cristianesimo, e perciò lo anche Maometto dai cristiani è onorato come grande profeta: Papa Wojtyla in una occasione ha baciato il Corano, ma purtroppo tanta tolleranza e apertura non sempre sono apprezzati dal mondo musulmano!