Mai come in questo frangente della storia si avverte il bisogno di sentirsi uniti nei diversi segmenti di governo e di rimettersi ai responsabili della cura e della gestione della “cosa pubblica”

Intervento di Michele di Bari in occasione dell’inaugurazione del Faro della legalità

Il Faro della Legalità

Nel tardo pomeriggio del 22 decorso, a seguito dell’iniziativa del sindaco Michele Bisceglia e della civica amministrazione, si è tenuta la cerimonia di inaugurazione del Faro della legalità: la torretta dell’Enel sulla quale sono stati dipinti i volti di sei vittime innocenti di mafia Francesco Marcone, Giovanni Panunzio, Nicola Ciuffreda, Aurelio e Luigi Luciani, Michele Fazio.

Volentieri pubblico il mio intervento:

Nel contesto di una comunità che intende affidarsi alla legalità si snoda un percorso in cui la responsabilità e l’adesione alle leggi restano momenti qualificanti per rafforzare la propria identità anche attraverso una pluralità di riflessioni sulla memoria.

È il dolore dei martiri dell’umanità che sulla torretta dell’Enel il sindaco Michele Bisceglia e la civica amministrazione hanno voluto lasciare un segno tangibile per mantenere alto il vessillo della quotidiana lotta alle più diversificate forme di criminalità che attentano alla democrazia del nostro Paese.
Un evento che provoca emozione e commozione per la storia di queste sei persone che con i loro sguardi attestano, soprattutto alle nuove generazioni, i grandi valori etici assoluti della solidarietà, della giustizia, della vita.

Sono persone che anche oggi rappresentano le sentinelle del nostro tempo come ci racconta il profeta Isaia: “Sentinella a che punto è la notte?” La sentinella risponde: “Viene la mattina, e viene anche la notte. Se volete interrogare interrogate pure; tornate e interrogate ancora”.

Sono le sentinelle a cui qualcuno grida nella notte attraverso il grido che fa breccia nell’attesa, rompe il silenzio, rischiara un orizzonte e rivela l’alba.

Ecco questa emozione pervade le nostre storie per un evento che coinvolge tutti a partire da chi rappresenta la città di Mattinata e dalle distinte autorità intervenute per testimoniare il loro delicato e forte impegno.

Il faro della legalità domina questo incontro che in filigrana intreccia le diverse analisi poiché è un simbolo ed un archetipo della forza delle regole.
Un tema che affascina perché pone il rapporto dell’uomo con le leggi e del suo divenire in una società in cui sembrano smarriti e sfrangiati i valori capaci di costruire un pensiero che possa ispirare i cittadini.

Mai come in questo frangente della storia si avverte il bisogno di sentirsi uniti nei diversi segmenti di governo e di rimettersi ai responsabili della cura e della gestione della “cosa pubblica”, ai cittadini chiamati a condividere il cammino “nelle terre della contemporaneità”, avendo piena consapevolezza che soltanto con gli altri e per gli altri è possibile provocare una svolta per aggredire e contrastare le illegalità.

E’ indubbio come riconosceva Bacone, nella sua De sapientia veterum, che appare del tutto insufficiente la “tremula fiaccola del singolo”.

La legalità quindi come metafora della bellezza che l’allora Card. Ratzinger sintetizzava: ”la bellezza ferisce ma proprio così richiama l’uomo al suo destino”.
Ora questo orizzonte dalle infinite tonalità suggerisce un metodo per ricordare che una comunità non può mai essere avulsa e lontana dalle leggi e dalla indefettibile osservanza delle stesse per la sua ordinata convivenza.

Ed i martiri di oggi “usque ad sanguinis effusionem”, i cui volti sono stati disegnati sulla torretta, ricordano la fatica, la passione civica, la determinata volontà di vivere dentro i recinti delle leggi, del giusto e dell’equo.

Si tratta di persone che naturalmente incarnano uno spirito nuovo per affrontare nella “contemporaneità” un panorama sorprendentemente inedito, spesso inaudito e per alcuni versi privo di solidi ancoraggi valoriali.

Uomini che vivono il presente poiché hanno lasciato una eredità morale, il cui patrimonio etico è esclusivamente funzionale a rafforzare l’intelaiatura della comunità a volte ferita dalle picconate delle diffuse illegalità.

Uomini cioè che hanno saputo superare se stessi, gli affetti più cari, i legami di sangue più forti per non deragliare verso una mentalità che aspira alla ricchezza senza regole, al sopruso ed alla prevaricazione.

Anzi, sono proprio questi uomini che insegnano che non soltanto le leggi, ma anche il precetto morale costituiscono il binomio per iniettare nella società gli antidoti più penetranti contro ogni forma di ingiustizia.

Un particolare equilibrio che deve legare la giustizia e l’equità anche se agiscono in modo diverso pur avendo una unica finalità: il bene dell’uomo.
Sono stati uomini che hanno ben compreso come già affermava Aristotele nell’Etica Nicomachea: “il giusto e l’equo non sono la stessa cosa e pur essendo entrambi eccellenti, l’equo è il migliore“.

Infatti, per tale ragione, sono state introdotte categorie ulteriori come la pietà (Dostoevskij), la carità (Mauriac), la clemenza e le attenuanti generiche.
Dunque una visione non meramente codicistica quanto una prospettiva capace di assicurare alla società la forza della giustizia e dell’equità.

Non può allora disconoscersi che proprio nelle nostre comunità la religiosità dei mafiosi ignora la forza delle leggi nel segno di comportamenti blasfemi ed idolatrici che la Chiesa, a partire dalle famose parole di San Giovanni Paolo II in Agrigento il 9 maggio 1993, ha inequivocabilmente condannato “La nostra fede esige una chiara riprovazione della cultura della mafia, che è una cultura di morte, profondamente disumana, antivangelica, nemica della dignità delle persone e della convivenza civile”.

Ma ora e qui quale messaggio ci rassegna questo faro, posto al centro della Città, lungo la quotidiana passeggiata dei cittadini.

C’è un interrogativo, profondo ed attuale, che implica l’elaborazione di un pensiero e di una coscienza critica nei confronti di valori sociali del bene comune, della vita e della verità.

Intanto, certamente vi è la riconoscenza a questi eroi, divenuti voce di profeti del nostro tempo ed appello etico in grado di varcare la soglia delle aule processuali.

In sintesi, questi autentici viandanti interpellano coloro che desiderano ritrovare il coraggio di interloquire con franchezza e spirito di verità con lo Stato; di abbandonare la tortuosità dei cammini intrapresi; di allontanare la paura che frena le azioni di legalità.

Sono stati uomini che hanno, come diceva Seneca “teso la mano al profugo, indicato la via a colui che vaga, diviso il pane con l’affamato – “Naufrago manum porrige, erranti viam monstra, cum esuriente panem tuum divide”.

Si avverte il bisogno di consolidare un rapporto solidale tra i cittadini e lo Stato per evitare le scorciatoie e gli espedienti che alimentano corruzione e malaffare.

Sono volti che ci rassegnano anche una bella pagina di Cesare Beccaria: “Uno dei più gran freni dei delitti non è la crudeltà delle pene, ma l’infallibilità di esse…

La certezza di un castigo, benchè moderato,  farà sempre una maggiore impressione che non il timore di un altro più terribile, unito con la speranza dell’impunità.

Michele di Bari

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