L’arancio del Gargano è IGP
Commissione europea riconosce l’Indicazione Geografica Protetta
Non si chiama più arancio biondo, ma solamente arancio del Gargano. In compenso anche per questo frutto si sono spalancate le porte del prestigioso marchio IGP, acronimo che sta per Indicazione Geografica Protetta. Lo ha deciso la Commissione Europea. Ieri (27 ottobre 2006, ndr) la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
La notizia giunge quando sia il Parco del Gargano sia il Consorzio Agrumi sono entrambi impegnati al Salone del Gusto a Torino (dal 26 al 30 ottobre). Quindi miglior viatico non poteva esserci per la pattuglia garganica di stanza in Piemonte per promuovere i prodotti dello Sperone d’Italia. “Indubbiamente” risponde Alfredo Ricucci, vicepresidente del Consorzio Gargano Agrumi di Rodi Garganico ´siamo orgogliosi e soddisfatti per questo straordinario risultato e ringraziamo il Parco del Gargano per l’impegno profuso, in vista di questo importante obiettivo“.
“Sono soddisfatto per questo ennesimo riconoscimento che a livello europeo viene oggi tributato al territorio del Gargano e ad uno dei suoi prodotti più pregiati ossia gli eccellenti agrumi” gli fa eco il presidente dell’area protetta, Giandiego Gatta. “Continueremo a lavorare perchè altre gratificazioni possano essere conquistate” conclude Gatta.
Il Gargano fa dunque il bis: dopo l’inserimento del limone nell’elenco IGP di dicembre 2005, oggi arriva quello dell’arancio. La richiesta era stata inoltrata per entrambi, limone e arancio, ed oggi ha distanza di quasi 10 mesi, può dirsi accolta. Il riconoscimento viene considerato di buon auspicio dai produttori di agrumi, che intendono ritornare agli antichi fasti di una volta, quando arance e limoni del Gargano sbarcavano oltreoceano, dando origine ad un vasto e redditizio mercato.
Fonti storiche certe fanno risalire la coltivazione degli agrumi sul Gargano almeno al 1000 d.C., epoca nella quale furono messi a dimora i primi pomi citrini, piante di arancio amaro allora unico citrus ad essere coltivato in Europa. Fino al 1900 l’agrumicoltura garganica era florida e remunerativa. Le produzioni raggiungevano mercati lontani, anche d’oltreoceano e spuntavano prezzi alti, più degli agrumi calabresi e siciliani. Il proprietario di un giardino, come localmente vengono indicati gli agrumeti, era un piccolo capitalista e attorno al commercio degli aranci si alimentava una florida attività economica.
Attualmente gli agrumeti interessano sul Gargano una superficie di circa 800 ettari, per lo più concentrata nella fascia litoranea del territorio dei Comuni di Vico del Gargano, Rodi e Ischitella. Si tratta di impianti a terrazze, immersi fra gli oliveti o in zone boscose, a volte protetti dalla salsedine da palizzate o da frangivento. Risultano frutteti affascinanti, caratteristici del paesaggio garganico e nello stesso tempo tra i più onerosi e difficili da condurre.
La situazione, rispetto al fiorente passato, è mutata completamente. La depressione economica dei primi decenni del secolo, il blocco delle esportazioni, la concorrenza degli impianti più facili e produttivi della Sicilia hanno provocato uno stato di crisi, dal quale si sta cercando di emergere. Spesso i prezzi non compensano neppure le spese.
Per combattere l’attuale degrado delle coltivazioni, si sta portando avanti una consistente azione di salvaguardia e valorizzazione delle produzioni garganiche. Azione effettuata di concerto dagli enti preposti allo sviluppo del territorio, le amministrazioni, gli istituti di ricerca e gli operatori del settore.
Ed oggi arrivano i primi risultati: l’istituzione del presidio Slow Food Agrumi del Gargano e il riconoscimento dell’Igp (oggi accolta) a favore dell’arancio (Biondo) e del limone (Femminello).
Francesco Trotta