Il ricordo di Don Peppino Prencipe, sacerdote di grande umanità
- 14 Ottobre 2024
Molto amato dalle comunità di Mattinata e dalla frazione di "Macchia", esempio di dedizione e impegno sociale
“Aggiungi un posto a tavola”: parte stasera la tre-giorni
In questi giorni su ogni muro e in ogni locale di Mattinata campeggiano in bella mostra le locandine della nuova opera della Compagnia teatrale L’Airone, che annunciano una tre-giorni di spettacolo all’insegna del divertimento e della competenza, binomio che ormai da anni contrassegna il logo dei ragazzi del maestro Matteo Guerra. Ma guai a far circolare troppo questo giusto e meritato riconoscimento, rischieremmo l’ira del destinatario.
Sì, perchè ormai il buon Matteo ha convinto tutti che la farina nel suo sacco l’han messa tutti quei ragazzi che mi hanno accompagnato, e quelli che lo fanno ancora, in questo lungo viaggio che dura da ormai 19 anni. Non si stancherà mai di ringraziare e di lodare i loro sacrifici, ecco perchè qualcuno vorrebbe far emergere di tanto in tanto anche i suoi, ma lui niente…
Lo abbiamo avvicinato in queste ore che precedono il suo ennesimo debutto, e a noi è sembrato di parlare con un ragazzino che non sa che in sala ci saranno tante mani pronte ad esplodere al minimo movimento di apertura del sipario. Finge, forse, di non sapere che è già scattata la corsa al biglietto, alle prime file e alla prima serata, magari avendo cura di comprare anche un posto per l’amico o il familiare che di certo apprezzerà l’anticipo. Quel che è certo è che, visti i trascorsi, occorreranno altre repliche alle tre serate programmate, per permettere a tutti i mattinatesi (e non) di poter offrire l’unico riconoscimento al sacrificio e agli sforzi gratuiti degli attori: la presenza! Poi ogni giudizio, positivo o negativo, sarà gradito e formativo.
E questa volta la compagnia lancia una nuova sfida, prima a se stessa, in modo da dare ancor più convinzione e forza alle indubbie capacità recitative, poi all’attento pubblico, che in verità negli anni ha dimostrato di sapersi adattare alla camaleontica trasformazione dei generi. Dal napoletano di partenza (il buon maestro Eduardo, come egli stesso ama sottolinare!) al dialettal-nazionale e al mattinatese puro e, questa volta, il passaggio al musical. Infatti l’opera in scena da stasera a mercoledì, Aggiungi un posto a tavola, non è altro che una commedia musicale in tre atti (di Garinei e Giovannini, scritta con Iana Fiastri) che il regista Matteo Guerra ha fatto propria e saggiamente proposto. Difficile certo, sacrificosa ovviamente. Ma forse è proprio questo che rende speciale il cast, che dimostra una volta di più di aver sempre voglia di star lontano dalla poltrona ed cavalcare il palco, a volte nelle prove surrogato da semplici garage o case sfitte.
Vorremmo continuare anche noi a dare altro spazio e merito a questi ragazzi, ma ci ha pensato proprio il regista, che ad una nostra domanda, apparsa semplice e abbastanza rituale, si è lasciato andare ad un eccitante escursus di emozioni e di storia dell’associazioone, che alla fine risulta essere molto più di una semplice chiacchierata. Gli abbiam chiesto di focalizzarci la Compagnia, intesa come gruppo, e di parlarci della crescita avuta negli anni; e lui ci ha concesso un entusiasmante intervista, che sarebbe un sacrilegio non riproporre integralmente, ove si evince forte il pensiero dell’artista oggi stanco, ma sempre pronto a ripartire.
Non più di un anno fa L’Airone ha compiuto il suo 18∞ anno di età. Ha mosso i suoi primi passi sotto la guida sapiente ed amorevole di Eduardo dal quale, avidamente, ha assorbito il modo passionale di vivere ogni momento della sua vita e l’amore per il teatro, alimenti indispensabili per crescere sano, libero, creativo, per trasferire il sale e la magia del palcoscenico alle esperienze a cui la vita ci chiama ogni giorno, attraverso la rappresentazione dei capolavori del maestro. Ha vissuto, così, i suoi primi 11, meravigliosi anni, durante i quali ha imparato a volare.
Divenuto adolescente, con le ribellioni tipiche di quegli anni verso i genitori, ha abbandonato la casa paterna ed ha percorso la strada del dialetto scoprendo, in tal modo, le sue radici, la sua cultura, la sua storia, nutrendosi delle vibrazioni forti della sua terra, toccando il cuore di quel popolo a cui appartiene e che ha scaraventato sul palco in una finzione molto vicina alla realtà.
Ora, maggiorenne, con la presunzione e l’incoscienza tipiche di chi crede di aver conquistato il mondo e non aver più nulla da imparare, è di fronte ad una sfida tremenda: il musical, la classica commedia musicale italiana.
Con quale risultato? Lo vedremo e lo vedrete fra poco.
Una cosa è certa: ce l’ha messa tutta. Tutta la pazzia e la sregolatezza degli artisti, perchè solo un artista pazzo poteva creare una scenografia del genere senza riposo e senza ricompensa economica, poteva raccontare il luogo dove si svolgono gli eventi che racconteremo conferendogli la magia della favola; solo due tecnici pazzi potevano dare anima alla musica, calore alle luci e dolcezza ai suoni e rumori della colonna sonora; solo sei pazze donne eccezionali in due mesi potevano confezionare circa 80 costumi senza chiedere nulla, nemmeno l’applauso che si tributa all’attore, 80 opere d’arte del cucito vestite, loro, dell’abito dell’umiltà e della semplicità e non volevano neppure il nome sulla locandina ed ora, quando sapranno che le ho nominate, si arrabbieranno…
E fra queste mia moglie Pasqua, della quale mi innamoro ogni giorno e che è la vera artefice delle gratificazioni che ricevo, degli applausi come attore, della stima come scrittore e regista. Senza una grande donna come lei, mai avrei potuto fare 20 anni di teatro; solo due pazzi coreografi potevano tenere a bada l’esuberanza spesso irriguardosa di 15 scalmanati e trarre da loro il meglio, valorizzare la loro gioventù, evidenziare la freschezza e la bellezza della gioia di vivere, facendo loro vestire la nostra avventura degli abiti della primavera, quando la campagna esplode di fiori, di aromi e sapori ed anche di erbe ed erbacce: l’uno attore, lavoratore a tempo pieno, protagonista assoluto della commedia e l’altra una ragazza, una donna speciale, come poche ne esistono, che cura anche le erbacce e da melodia, armonia e dolcezza non alla fredda tecnica, ma ha mirato al cuore di questi ragazzi con la speranza di una loro complessiva crescita culturale, caratteriale, sociale; solo un pazzo operatore turistico, amico da sempre, poteva scommettere su di me, incoraggiarmi, darmi linfa, forza ed accompagnarmi in un cammino coraggioso dalla nascita ad oggi. Solo lui poteva affiancarmi quando abbiamo camminato sul filo del trapezista e sostenermi quando abbiamo rischiato di cadere, perchè è facile trovare amici quando le cose vanno bene ed io, fortunatamente, ne ho trovato uno quando ne ho avuto bisogno.
Perciò, il risultato artistico di questo lavoro è, per certi aspetti, il meno importante. Sappiamo di aver lavorato sodo, siamo stanchi, forse non vediamo l’ora che tutto finisca pur sapendo che un velo di tristezza scenderà insieme al sipario dell’ultima replica ed anche una voglia prepotente di ricominciare un’ennesima fatica immane. Tutto questo, certo, nonostante un lavoro condotto negli sgabuzzini, nelle case private, materiale conservato nei ripostigli e la possibilità di rappresentare la commedia solo grazie ad alcune componenti istituzionali, che ringraziamo, e per solo 15 giorni ed essere accusati di intralciare la didattica ed ancora migliaia di euro spesi per migliorare la scenografia, le luci, l’audio, i costumi. Tutto questo.
Perciò siamo stanchi. Sono stanco. Ma non di questi ragazzi o dei circa 50 collaboratori o del teatro, perchè questi ragazzi e il teatro sono la vita, la mia vita, ed equivarrebbe a dire che sono stanco della vita. Invece no, amo la vita ed amo il teatro e non abuso della parola amore e i confini fra il teatro e la vita sono confusi e il teatro e la vita sono un tutt’uno.
E come posso non riconoscere che questo esercito di amici ha lavorato nei ritagli di tempo fra il lavoro e gli studi, sottraendo attenzioni alla famiglia e agli affetti, rinunciando al riposo, con la consapevolezza di non essere remunerati se non con un vostro sorriso o applauso o lacrima, se non con un vuoto del cuore che istintivamente ordina alla bocca di pronunciare la parola bravi! Questo e nient’altro sarà la loro ricompensa e la dolce sensazione di una carezza e dell’abbraccio del pubblico, e il fatto di sapere che 200 persone, per tante sere, Voi, siete qui per vedere noi, solo noi.
Ho proposto questa commedia quando lavoravo a Mattinata, avevo più tempo e facevo un lavoro che richiedeva molto meno dispendio di energie: avuta la chiamata a Vieste, non ho potuto più sottrarmi, ed eccomi qui, a proporvi Aggiungi un posto a tavola.
Vi confesso che in questo momento il mio cuore palpita, batte più forte della norma, e mi sta parlando, lo sento dire: Ma chi te lo fa fare, ma sdraiati sul divano di casa tua, con le patatine e un bicchier di vino, e goditi un film o una partita, comodo, in sicurezza, nell’ anonimato….
E qualche volta gli ho anche dato ragione, quando mi ha vinto lo sconforto, la stanchezza… la paura! Certo, la paura per la non riuscita. Ma fra la paura e il rischio di giocarsi tutto in un colpo da una parte e l’apparente comodità e il comodo anonimato, la fuga dalle tue stesse passioni, la rinuncia alla felicità senza cercarla e alla vita senza viverla dall’altra, no povero cuore mio, non ho mai avuto dubbi: la vita ci offre una sola, meravigliosa chance e noi non possiamo perderla senza provare.
Sono felice della tua sofferenza, delle tue palpitazioni e smettila di piagnucolare, tanto lo sai che io e te, alla fine, vivremo emozioni intense che cacceranno la noia e ci ripagheranno di tutto.
So che ogni limite ha una pazienza, per dirla con Totò, e non Vi tedio oltre.
Signore e signori: Aggiungi un posto a tavola…