La rinuncia al pontificato di papa Benedetto XVI: implicazioni per Mattinata

La Chiesa Abbaziale potrà vantare di possedere e onorare le reliquie dei Beati Martiri che presto il nuovo Papa proclamerà Santi

Negli ultimi due mesi segnati dalla rinuncia al soglio pontificio di Joseph Ratzinger, dal 19 aprile 2005 papa Benedetto XVI, seguita dall’elezione del nuovo Papa Francesco, già Cardinal Bergoglio, in tanti si affannano a trovare connessioni con la propria terra: dalle popolazioni germaniche che gli hanno dato i natali, ai tanti paesi che in questi otto anni di pontificato ha visitato, alla moltitudine di gente che nel corso delle udienze ha avuto la fortuna di incontrarlo.

Un esordio il Suo non sempre accompagnato da simpatia, su cui gravava l’eredità ingombrante del suo predecessore polacco, l’amato Giovanni Paolo II, acclamato Santo subito fin dal giorno delle sue esequie, guarda caso celebrate dal suo più fido collaboratore e teologo che nel giro di qualche giorno, senza indugi, al secondo scrutinio, dopo un velocissimo conclave uscirà Papa assumendo il nome di Benedetto, il Santo Patrono d’Europa.

Per più di venti anni Prefetto della Congregazione della dottrina della Fede, l’ex Santo Uffizio che subito rimanda alla memoria gli anni, funesti per la Chiesa, della Santa Inquisizione, il teologo tedesco sul piano dogmatico ha rappresentato il baluardo dell’ortodossia vaticana in materia dottrinaria, determinante per gli influssi nel magistero woitiliano, e proprio a questo si era inteso dare continuità con la sua elezione.
Inevitabili i sospetti e le antipatie, forse alimentate anche dal suo spiccato accento teutonico, non sempre giustificate e smentite dalla manifestata mitezza messa pian piano in luce.

Le sue mani levate al cielo al momento della sua prima uscita dalla loggia centrale della basilica di San Pietro, dopo il fatidico “Habemus Papam”, interpretate inizialmente come un gesto trionfale, altro non erano che un volersi proiettare in alto in ringraziamento allo Spirito che aveva alitato nei cuori dei Cardinali elettori. Non l’incertezza del Papa Albino Luciani, Giovanni Paolo I, neanche la giovanile esultanza, mista a modestia diKarol Woitila, ma accettazione del Volere divino gravata dalla non più verde età.

Anni non facili in cui ha proseguito i suoi studi regalando alla sua Chiesa testi che resteranno un patrimonio indelebile, sulla scia dei grandi Dottori, dal Medioevo fino ai nostri giorni. Grande divulgatore, sarà ricordato dai posteri come il Papa che per primo ha aperto ai moderni sistemi di comunicazione di massa.
Anni minati da veleni e tiri mancini, alcuni ereditati dai difficili anni settanta ottanta: scandali sessuali, finanziari, implicazioni internazionali, fraintendimenti di alcuni suoi discorsi, aperture ai tradizionalisti, lotte di potere all’interno della Curia Romana, fino all’ultima estate dei Corvi dalla quale è uscito sempre più con l’immagine del martire che di quella del carnefice.

Fino all’annuncio choc dell’11 febbraio scorso che ha lasciato esterrefatto il mondo intero, ma che, superato il primo momento di sgomento, ha scoperto di voler bene a questo Papa mite, semplice, pieno di umanità che ci lascia ancora vivente e che in tanti hanno capito, come me purtroppo tardivamente, di amare.
Mi verrebbe quasi da gridare con lo stesso entusiasmo che misi, da bravo papa boy, sul finire degli anni settanta per il suo amato predecessore: Santo vivo!

Ma torniamo alle implicazioni con Mattinata: provo a cercarne nella memoria storica.
Un predecessore con lo stesso nome di papa Ratzinger, Benedetto XIII, nel 1677 quando era ancora Arcivescovo di Manfredonia col titolo di Cardinale Vincenzo Maria Orsini, visitò ben due volte equitando, come si legge sull’iscrizione lapidea sulla sinistra della Chiesa Abbaziale, l’odierna parrocchia di Santa Maria della Luce.

Ma andando indietro negli anni è dato supporre che proprio l’anziano Papa Celestino V, altro illustre predecessore del Papa a noi contemporaneo, autore di un simile clamoroso gesto nel 1294, solo dopo pochi mesi dalla sua altrettanto clamorosa elezione, depose la tiara per tornare a essere l’eremita Pietro del Morrone, “colui che fece per viltade il gran rifiuto”, come lo apostrofa Dante ponendolo tra gli ignavi nell’Inferno della Divina Commedia, il pontefice che da fuggiasco, dopo essere transitato da Monte Sant’Angelo, trovò molto probabilmente ostello presso l’Abbazia della SS. Trinità di Monte Sacro, ubicata lungo la via che lo portava verso il lido di Vieste.

Qui avrebbe dovuto concludere la sua avventura da povero cristiano, come scriverà secoli dopo il suo conterraneo abruzzese Ignazio Silone, imbarcandosi su un naviglio che lo avrebbe condotto in Oriente per trovare rifugio e forse requie in un monastero eremitico, dove avrebbe voluto trascorrere gli anni che lo separavano dalla morte.

Mentre era in procinto di salpare, fu però raggiunto e arrestato dagli sgherri del Cardinale Benedetto Caetani, suo segretario, nel frattempo diventato successore col titolo di Papa Bonifacio VIII, cui Dante attribuiva, al pari del buon Celestino, tutte le sue sventure determinate dalla contesa tra Guelfi e Ghibellini.
La sua esistenza terrena si concluse solo due anni dopo nel Castello di Fumone, nel Lazio, dove era stato rinchiuso, prigioniero, ma con tutti gli onori del suo rango secondo quanto riportano le cronache di fonte papale.

Nessun documento comprova la pur affascinante ipotesi, che tale resta, del passaggio su Monte Sacro, surrogata solo da semplici riscontri topografici, ma mi piace comunque avanzarla: a essa sono in procinto di dedicare un saggio ad hoc in cui espliciterò i motivi che supportano la mia intuizione.

Ma torniamo per un istante al momento dell’annuncio amplificato, urbi et orbi, dalle televisioni di tutto il mondo, che ha lasciato senza parole i porporati da lui convocati in una seduta del Concistoro che avrebbe dovuto, tra l’altro, annunciare la canonizzazione degli 800 martiri di Otranto.

Proprio quei Beati Martiri che a breve saliranno agli onori degli altari e di cui la nostra Chiesa mattinatese conserva, in un’urna collocata all’interno della lunetta nel basamento dell’altare maggiore, alcuni frammenti ossei fatti arrivare dall’arciprete don Francesco La Torre nel settembre 1990 in occasione della dedicazione della chiesa parrocchiale per mano dell’Arcivescovo di Manfredonia dell’epoca monsignor Vincenzo d’Addario.

Il prossimo 12 maggio, il nuovo Papa proclamerà Santi gli 800 cristiani otrantini martirizzati nel 1480 in odium fidei per aver rifiutato la conversione all’Islam imposta dai Turchi assedianti e anche la Chiesa mattinatese avrà le sue Sante reliquie e la teca di cristallo che le racchiude potrà essere venerata come le confà.

A distanza da qualche secolo dalla dispersione delle 57 Sante reliquie di Monte Sacro (in seguito all’abbandono del sito monastico e l’incameramento dei beni e della Biblioteca dell’Abbazia della SS. Trinità nella Mensa arcivescovile Sipontina nel XV secolo), Mattinata potrà nuovamente vantare di possedere e onorare nella sua Chiesa Abbaziale, parrocchia di Santa Maria della Luce, reliquie di Santi.

Antonio Latino
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