Italia: la sinistra, quanti errori

Le considerazioni di Luigi Gatta sullo stato della sinistra italiana

A volte provo a immaginare la vita della povera gente prima  del 1789 quando aveva le braccia come unica ricchezza per vivere, oltre alla speranza e i sogni.  Ma poi con la Rivoluzione Francese del 1789 tutto iniziò a cambiare nei rapporti umani e sociali,  almeno in Europa.

La Rivoluzione è stata tutto un fermento di idee: da quella nazionale e unitaria dei Paesi a quella di riscatto sociale per i lavoratori e le classi più disagiate. Nel XIX secolo le idee e le aspirazioni rivoluzionarie si tradussero in infinite opere e trattati teorici che ipotizzavano nuove forme di governo dei Popoli per realizzare la giustizia  sociale: Adam Smith e il liberalismo economico, Pierre Joseph Proudhon e il socialismo riformatore, Carl Marx e il comunismo, ecc.

E’ nel secolo XX principalmente che la teoria diventa prassi con la creazione di nuove realtà statali, appunto in seguito a movimenti riformatori o rivoluzionari, e tutto inizia nei primi decenni del XX secolo con la Rivoluzione bolscevica dell’ottobre 1917 nella Russia zarista e la nascita in seguito in vari Paesi di forti partiti socialisti e soprattutto comunisti.

I Paesi europei governati per decenni da partiti che si richiamavano a un socialismo liberale hanno assicurato ai loro popoli libertà e benessere; ciò è mancato invece nei Paesi balcanici con regimi comunisti imposti dopo la Seconda guerra mondiale dall’Armata Rossa dell’Unione Sovietica, in seguito alla sconfitta definitiva del nazifascismo.

Ma anche nei Paesi europei occidentali, Inghilterra, Francia e  Italia  soprattutto, alleati  degli USA, poterono liberamente organizzarsi Partiti comunisti che per decenni operarono all’opposizione contribuendo con i Sindacati e un sistema di cooperative ad assicurare un benessere diffuso alle diverse categorie sociali.

Anche in Italia il Partito Comunista, dopo la scissione dal PSI nel gennaio 1921 e una dura e ventennale opposizione al fascismo, con lo stesso PSI, e poi il grande contributo nella Resistenza, alla fine della Seconda guerra mondiale risultò una grande forza politica e sindacale con la CGIL sempre a difesa dei lavoratori e della democrazia.

A livello internazionale, però, il PCI di Togliatti, poi di Luigi Longo ed Enrico Berlinguer, rimase sempre legatissimo all’URSS, sperando per decenni in una impossibile evoluzione democratica del PCUS, il Partito Comunista di ispirazione leninista che scomparve verso la fine del 1989 quando fu ammainata la bandiera rossa sul Cremlino, dopo una profonda crisi economica della Russia sovietica determinata soprattutto dalla corsa agli armamenti con l’America di Ronald Reagan.

Come si sa il liquidatore di fatto del PCUS, dopo 70 anni  di potere gestito in modo stalinista, e in seguito a un maldestro tentativo di golpe da parte di alcuni  componenti conservatori e stalinisti del Politburo, è stato il relativamente giovane componente Michail Gorbaciov, ultimo segretario generale, arrestato e subito liberato con la famiglia mentre era in vacanza sul Mar Nero.

Tornando al PCI, ai suoi eredi politici e alla sinistra in genere,  ai giorni nostri si fa un gran parlare dei movimenti così detti “populisti” (cioè movimenti che in genere farebbero appello all’egoismo e alle paure del popolino di vari Paesi), ne abbiamo anche in Italia, basta fare due nomi: Silvio Berlusconi (Forza Italia) e Matteo Salvini (“Lega Nord), ma anche “5Stelle” (creazione politica del noto comico  Beppe Grilli). Ma se sono sorti in determinati periodi questi movimenti qualcuno se ne  dovrebbe spiegare la ragione e assumerne, eventualmente, la responsabilità. 

Di sicuro gran parte della responsabilità è della Sinistra italiana, in tutte le sue componenti. In Svezia la Socialdemocrazia governa da cento anni! E’ vero,  la Svezia non è l’Italia! Ma  alle ultime elezioni i socialdemocratici svedesi  sono risultati perdenti, pur rimanendo sempre il più grande partito svedese. Anche in Svezia la causa principale del relativo successo dei “populisti è stata un’accoglienza irregolare di un numero eccessivo di profughi musulmani non bene accetti dagli Svedesi. Per fare un esempio: a una TV italiana non fu permesso dai musulmani di entrare in un luogo pubblico per fare delle interviste, senz’altro  autorizzate delle Autorità, e pare che vicino  vi fosse una moschea dalla quale uscirono dei musulmani per impedire le interviste ai passanti!

In sostanza questo problema è presente anche in Italia: il governo Renzi e il suo ministro degli Interni, Alfano, hanno permesso e incoraggiato l’arrivo di ben ottocentomila e più di “profughi” da vari Paesi africani, in maggioranza islamici, anche nel nostro caso con una accoglienza sbagliata perché senza regole. La reazione popolare è stata quella di punire il Governo Renzi e la sinistra con un voto di massa ai populisti di 5Stelle soprattutto, ma anche alla Lega di Salvini, ed erano voti in maggioranza della stessa sinistra!

Ormai il voto in Italia e soprattutto la politica sono diversificati, causa la scomparsa dei grandi partiti di una volta, sicuri punti di riferimenti di grandi ideali. In particolare il PCI poteva essere il punto di riferimento di un più vasto elettorato se avesse anticipato la crisi del comunismo del 1989 con una vera e radicale presa di distanza da quel sistema di potere antidemocratico di stampo leninista e stalinista, assolutamente non compatibile con la realtà socio politica dell’Italia.

Invece la grande forza politica ed elettorale del PCI dagli anni ’90 in poi si è frazionata in mille rivoli, tra nostalgici e riformisti, rafforzando ieri  Berlusconi e oggi 5Stelle e la Lega. Dal 1945, dopo la Liberazione dal nazifascismo, il PCI, e fino al 1948 anche il PSI, a parte il Governo Parri di Unità Nazionale, pur avanzando elettoralmente, finì costantemente all’opposizione dei vari governi DC   giustamente appoggiati da altre piccole formazioni politiche, Liberali, Repubblicani e Socialdemocratici, più omogenei al liberalismo della DC. La conseguenza per l’Italia è stata un sistema politico bloccato e senza possibilità di vera alternanza al potere democristiano, comunque sempre legalizzato dal voto.

E veniamo agli errori della Sinistra storica italiana e in particolare del PCI. Come Gramsci insegna si può parlare di “Rivoluzione” quando una classe rovescia il potere di un’altra classe, vedi la Rivoluzione Francese e Bolscevica. Nel caso dell’Italia non si può parlare di Rivoluzione sia durante il Risorgimento che con il fascismo: in entrambi i casi si è trattato solo di un cambio amministrativo, senza intaccare il potere politico e finanziario della classe borghese.

Ancora Gramsci il 1921 teorizzava l’alleanza degli operai del Nord con i braccianti e contadini del Sud ai fini della Rivoluzione socialista in Italia. Intuizione giusta come forze sociali protagoniste, secondo le idee marxiste, ma assolutamente irrealizzabile come progetto politico di fronte al potere costituito della borghesia. Giustamente, poi, Togliatti il 1945 diceva che in Italia non si poteva fare come in Russia e il PCI non aveva scelto il “Soviet” bensì il Parlamento. E’ rimasto comunque per decenni in Italia il mito e il desiderio, represso, di Rivoluzione socialista, vedi il caso delle  Brigate Rosse, dopo tanti delitti ignorate dalla classe operaia e definitivamente sconfitte!

Ma l’errore più grave per il PCI è stato la fedeltà nei decenni al comunismo sovietico, anche nel caso delle frequenti rivolte operaie nei Paesi dell’Est. Esemplare il caso della rivolta ungherese dell’ottobre 1956 in appoggio alle scelte riformiste del governo comunista di Imre Nagy che teorizzava in pratica un socialismo nazionale più autonomo da Mosca (Uscita dal Patto di Varsavia, apertura all’occidente e una liberal democrazia, sempre nell’ambito del socialismo). Alla fine con la normalizzazione dei carri armati sovietici Nagy fu fucilato il 1958 come traditore e Togliatti approvò l’assassinio, dimentico della  “via italiana al socialismo” da lui teorizzata all’VIII Congresso del PCI l’8 dic. 1956 e confermata poi nel “Memoriale” di Yalta del 1964, scritto da Togliatti negli ultimi giorni di vita. In fondo Nagy e Togliatti dicevano più o meno la stessa cosa: il non riconoscere  il ruolo di partito guida del PCUS e libertà d’azione all’interno dei propri Paesi.

Sia per la rivolta operaia in Polonia il 28 giugno 1956 che per quella ungherese del 23 ottobre 1956, invece, come si sa, la posizione di  Di Vittorio  fu  sempre  “coraggiosa  e lungimirante”,  pur non sottovalutando le eventuali provocazioni dei reazionari, il grande sindacalista pugliese sottolineava “i ritardi e gli errori dei governi satelliti dell’URSS verso le sacrosanti aspirazioni per migliori condizioni di vita e lavoro degli operai in quei Paesi”. (Vedi Riv. “SUD EST”, 25 -2007).

Ma il PCI ad ogni livello condivise l’invasione sovietica dell’Ungheria e Di Vittorio non fu capito “per quei fatti dolorosi”! Oltretutto non erano affatto in discussione le decantate “conquiste socialiste” infatti le rivolte erano state iniziate proprio dagli operai e dagli studenti. Naturalmente la critica di Di Vittorio riguardava anche il ruolo dello stesso sindacato all’Est!

E’ vero che in maggioranza i comunisti italiani in ogni crisi dell’Est si auguravano l’inizio di un processo di riforme democratiche proprio a partire dall’URSS, ma questo avverrà solo il 1989 quando finirà lo Stato  leninista contrario per principio alla democrazia e alle libertà borghesi. In un comizio del 1978 Berlinguer sostenne che il PCI era per le libertà liberali e democratiche coniugate ai diritti sociali, e aggiunse: “la nostra via non è quella perseguita dalla Rivoluzione del 1917 in Russia”.

Ancora più chiaro sarà Berlinguer durante una intervista alla TV del 16 dic. 1981 sui fatti di Polonia e il golpe del generale Jaruzelski: “La capacità propulsiva di rinnovamento delle società dell’Est è venuta esaurendosi, …cioè la spinta che aveva la sua data d’inizio nella Rivoluzione socialista dell’ottobre 1917”. Ma Secondo il segretario del PCI Enrico  Berlinguer era necessario che avanzasse un nuovo socialismo nell’Europa occidentale, che fosse legato e fondato sui valori e i principi di libertà e democrazia, in pratica “l’Eurocomunismo”.

E tuttavia sempre Berlinguer tenne a precisare “di voler rimanere comunista e non diventare  socialdemocratico”. Nello stesso tempo, però, confermava l’ispirazione unitaria del PCI con i partiti socialisti europei e le forze sociali di ispirazione cristiana.

Ma poi il neocomunismo di Berlinguer doveva fare i conti col “craxismo” di ispirazione liberalsocialista, secondo l’insegnamento dei fratelli Rosselli. Era noto del resto che tra Berlinguer e Craxi vi era una freddezza e disistima reciproca! In realtà l’appello unitario di Berlinguer al PSI Craxi lo considerava “un’alternativa per una nuova sconfitta dopo quella del 1948”.

Anche i fatti della Cecoslovacchia nel 1968, la famosa “Primavera di Praga” di Alexander Bubcek, costituirono l’ennesima conferma di un rapporto comunque inscindibile del PCI con l’URSS e quindi di lontananza dal PSI, e non solo, ma da ogni altra formazione politica italiana che certo non potevano accettare la normalizzazione dei carri armati sovietici, malgrado il “grave dissenso” dell’allora Segretario PCI Luigi Longo. 

“Il Manifesto”, un nuovo organo comunista non riconosciuto dal PCI e che il N° 4, anno I del settembre 1969, con un significativo articolo, “Praga è sola”, denunciava appunto l’indifferenza se non proprio l’ostilità della sinistra comunista in genere, anche quella extra parlamentare, eccetto il PSI e il PSDI, nei confronti della “Primavera di Praga”.

E in effetti, a parte i dissidenti de “Il Manifesto” (Natoli, Pintor, Rossanda, ecc.) né alla base del PCI, né tra la galassia dei comunisti che si consideravano a sinistra del PCI (“Lotta continua”, ecc.) 

interessava molto il significato della “Primavera praghese”. Quelli in realtà erano anni di travolgente passione, assolutamente acritica, per il comunismo e l’esempio di Praga che denunciava in realtà “il re nudo” sarà capito venti anni dopo, il 1989, quando tutto il mondo dell’Est comunista vide abbattuta la “cortina di ferro” e la vittoria definitiva del sistema liberale.

“Uno spettro si aggira per l’Europa…” è scritto nel “Manifesto del Partito Comunista”  del 1848, autori Marx-Engels, e si trattava appunto del comunismo, uno “spettro” sconfitto irrimediabilmente dalla Storia! Ma oggi vi sono altri “spettri” a minacciare l’Europa, forse peggiori del comunismo che comunque aveva le sue radici nella cultura europea: è l’Islam in primis, con radici nell’Arabia medioevale, e poi anche il cosiddetto “populismo”, da non confondere con quello russo del XIX sec., che sostanzialmente è la risposta di oggi alle preoccupazioni e alle paure dei popoli europei e non solo!

Tra le cause del  “populismo” si devono considerare la confusione delle idee, l’abbandono dei grandi ideali di una volta e la nostalgia per tempi ormai tramontati, ma ultimamente soprattutto una pretesa “accoglienza” senza regole, in realtà una invasione, pacifica, sostenuta dalla sinistra e dal mondo cattolico, ma senza una vera speranza per i profughi! Esemplare da questo punto di vista proprio  il caso dell’Italia: una sinistra estremamente divisa da anni tra conservatori, per i quali è difficile abbandonare i miti degli anni del Secondo dopoguerra, e i progressisti che non si riconoscono più in quei miti e guardano piuttosto al modello socialdemocratico. Entrambi, comunque, sono per l’accoglienza sperando che alcuni milioni di profughi da zone del mondo non sviluppate, una volta inseriti, possono assicurare un consenso più vasto soprattutto nelle periferie delle grandi città.

Ma non è logico credere che ancora oggi  il Popolo italiano possa assicurare una maggioranza di governo a personaggi come Bertinotti, Izzo, la Boldrini, il loquace Pratoianni, ecc., ma anche di nuovo a Renzi o Gentiloni che favorirebbero l’arrivo, senza alcuna prospettiva, di migliaia e migliaia di altri profughi dall’Africa, e non solo, che tra l’altro incrementerebbero la islamizzazione dell’Italia, un sicuro pericolo futuro per il Popolo italiano, anche a causa dell’incoscienza del cattolicesimo che sottovaluta il radicalismo religioso diffuso tra gli islamici, molto più di quanto si possa credere, purtroppo!

E’ questa strategia della sinistra  che fino ad oggi non ha fatto altro che alimentare il cosiddetto “populismo” e soprattutto, questa la colpa maggiore, fa dei neofascisti gli unici difensori della nostra cultura e civiltà, delle nostre tradizioni cristiane, insomma la nostra identità di Italiani. Non solo, la sinistra, quella radicale o moderata, al governo o all’opposizione, ignora che gli Italiani, soprattutto nelle grandi città, non sono mai stati  così insicuri come negli ultimi anni, si ignora che alla solita delinquenza italiana si è aggiunta quella albanese, sud americana,  quella feroce e bestiale rumena e ora anche degli africani negri (vedi i casi orribili di due povere ragazze italiane, Pamela a Macerata e Desiree a Roma, drogate, stuprate e poi uccise.!). E tutto questo anche grazie alle leggi super garantiste e perdoniste, volute soprattutto dalla sinistra: ormai gli arresti sono per la maggior parte “domiciliari”, anche in seguito a gravi delitti!

Sono state mai contate, poi, ad esempio, le vittime di omicidi stradali commessi da italiani, ma soprattutto da gente proveniente dall’estero, Paesi Balcani o altro, perché ubriachi o drogati e magari anche senza patente o sospesa? Per non parlare, poi, di quella che ormai è diventata la piaga del feminicidio in Italia! Forse mai come oggi le nostra Forze di Sicurezza, poche, hanno efficacemente contrastate le infinite illegalità, e anche pericolosi piani eversivi, nel nostro Paese, ma è chiaro a tutti che in pratica Carabinieri, PS,  Finanza e la stessa Magistratura hanno le mani legate da tutte le leggi che di fatto  sembrano proteggere più i delinquenti che le loro vittime!

Per tutte queste considerazioni credo proprio che la Sinistra italiana o presta la massima attenzione ai disagi degli Italiani, alle loro paure e lamentazioni più che giustificate, oppure la Sinistra è destinata a fare la stessa fine dei regimi comunisti dell’Est Europa, ignorati e aborriti oggi da quei Popoli che li hanno subiti. Vorrei rammentare che il 1919-1920 un certo Mussolini andò al potere anche per aver dato voce a 5 milioni di smobilitati dalla Grande Guerra, senza alcuna prospettiva con la pace, e che anche allora vi fu una paura diffusa, soprattutto nel padronato, per la minaccia di “fare come in Russia”, cioè una Rivoluzione proletaria che chiaramente non aveva alcuna speranza di successo in Italia!

La Sinistra, e la Chiesa cattolica,  ignorano i disagi del loro Popolo reale  sognando quello 

universale che vorrebbero comunque  in Italia: ma così facendo il Popolo reale un giorno potrebbe diventare nemico di entrambe!

Luigi Gatta
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