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- 9 Settembre 2024
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Riportiamo il comunicato del dr. Springer in occasione della consegna dei due plastici dell’Abbazia di Monte Sacro
Gentili Signore e Signori,
vorrei fare un resoconto degli scavi archeologici effettuati fino al 1992 nel complesso monastico benedettino dell’abbazia della SS. Trinità.
In primo luogo ho intenzione di ricordare alcuni dati di storia monastica, non senza parlare anche delle nostre attività. Dopo un breve riassunto dei punti più importanti dello sviluppo politico dall’ottavo al quindicesimo secolo in Puglia, verrò alle peculiarità del monastero e alle motivazioni che hanno portato ai nostri studi. Successivamente parlerò della nostra ricerca. Concluderò con una richiesta e le mie speranze per il futuro di questa interessante rovina monastica.
Nel 1987 il Germanisches Nationalmuseum (Il Museo Germanico Nazionale) colse l`occasione per esaminare con un ciclo di campagne di scavo il monastero medievale, abbandonato dal XV secolo, che non aveva subito mutamenti né ricostruzioni in epoche successive.
Così come le strutture sono nascoste dalla boscaglia, nel 1987 si è dimostrata impenetrabile la storia del monastero. La conoscenza delle scarse fonti storiche non è stata sufficiente a chiarire il significato dell’abbazia nei tempi passati, ma le imponenti rovine ne erano un’eloquente testimonianza: esse risvegliano la curiosità di visitatori che non temono l’ascesa verso questo luogo ora così solitario. In una bolla di papa Stefano IX del 1058 è menzionata una cella sul Monte Sacro, dipendente dal monastero di S. Maria di Calena, situato presso Peschici a nord-est del promontorio. Nel XII secolo il convento aspira all’indipendenza e nel 1138 la SS. Trinità è menzionata come abbazia indipendente, ottenendo la definitiva conferma nel 1198 da parte di Innocenzo III. Nella prima metà del XIII secolo il monastero vive la sua maggiore fioritura economica e culturale. Nel 1443 l’abbazia è trasformata in una commenda e infine abbandonata dai monaci. Nel 1481 è sottoposta all’arcivescovado di Siponto con sede a Manfredonia, dove viene trasferito anche l’archivio del monastero, che probabilmente subisce, insieme alla biblioteca, un devastamento durante un’incursione da parte dei turchi nel 1620.
Dopo le ricerche del Museo Germanico Nazionale e anche le ricerche della dottoressa Sabina Fulloni si capirono meglio i possedimenti e le entrate del monastero, come la sua posizione nell’antica regione della Capitanata e rispetto all’Ordine monastico. Sabina Fulloni proseguì l’analisi e la ricerca dal 1996 alla pubblicazione della sua tesi nel 2003, tesi scritta nell’ambito di un volontariato al Museo Germanico Nazionale di Norimberga e grazie al sostegno concesso dalla fondazione Thyssen. Il titolo del suo lavoro è: l’Abbazia della Santissima Trinità di Monte Sacro, Gargano (Puglia), Norimberga 2002. Il titolo l’italiano è: L’abbazia dimenticata. La Santissima Trinità sul Gargano Tra Normanni e Svevi, Nuovo Medioevo 74, Napoli 2006. Dopo queste ricerche c’era un catalogo riguardante gli abati che avevano governato il monastero, e fu così possibile dedurre la collocazione dell’abbazia in rapporto agli altri monasteri. Oggi sappiamo chi era il proprietario originario del terreno su cui sorse poi l’impianto monastico: In quel periodo era in possesso di duchi normanni, e dopo il 1030 dominio del re della Sicilia e parte del cosiddetto honor “Montis Sancti Angeli”, un territorio con molti privilegi, in base al quale il monastero non doveva pagare alcun prelievo.
Data la favorevole posizione strategica, si può ipotizzare che esso fosse in parte fortificato, testimonianza avvalorata dalle rovine di alcune torri e dalle feritoie. Nel 1992 si pensava che il complesso forse fosse stato edificato nell’immediata vicinanza di una residenza appartenente alla famiglia fondatrice, assimilando progressivamente l’intero territorio patrimoniale esistente sul monte. Infatti gli edifici situati a sud-est sono caratterizzati da un orientamento differente e si rivelano, per dimensioni e per impianto, come esempio di architettura di rappresentanza, tipica per l’epoca.
Dal punto di vista geografico l’abbazia si trova, da un lato, a sud dell’antico confine tra lo Stato della Chiesa e il Ducato di Spoleto, dall’altro tra i Principati di Benevento e di Puglia, gli unici riusciti a mantenere l’autonomia dopo la conquista del regno Longobardo da parte di Carlo Magno avvenuta nel 774. Nel 787 anche Benevento viene sottomessa all’Impero Franco, mentre Puglia e Calabria passano sotto il diretto controllo di Bisanzio. Conseguentemente l’antico tracciato del confine separa il territorio bizantino dall’Italia settentrionale, appartenente al Sacro Romano Impero.
Nel 1016 sbarcano i primi mercenari normanni. Nel 1059 Papa Nicola II investe Roberto d`Altavilla, detto il Guiscardo, del Ducato di Puglia e di Calabria. Nel 1130 suo nipote Ruggero II è nominato re di Sicilia, Puglia e Calabria. 1194 Enrico IV di Hohenstaufen è incoronato re di Sicilia a Palermo, conseguentemente l’Italia meridionale viene giuridicamente vincolata al Sacro Romano Impero. Analogo destino è riservato a Spoleto. Quindi la demarcazione del confine tra Italia settentrionale e meridionale subisce uno spostamento nella sua parte orientale verso il nord del Gargano. L’imperatore di fondamentale importanza per l’Italia meridionale in questo periodo è Federico II di Hohenstaufen (1210- 1250). Dopo la morte del suo unico figlio Corrado IV, nel 1254, la Curia Romana affida l’investitura della Sicilia a Carlo d’Angiò, fratello di Ludovico IX di Francia. Fino a quando non subentra la casata Aragonese nel 1442, la sua famiglia dominerà il Regno di Napoli.
Il nucleo centrale, del quale fanno parte anche alcuni edifici minori, occupa una superficie di circa 80×90 m. Topograficamente situato in un luogo molto solitario, il monastero necessitava di un vasto sistema di magazzini per approvvigionamenti di vario genere. Si può ipotizzare che la popolazione contadina sfruttasse, in tempi di crisi, il territorio come luogo di rifugio. Esisteva sicuramente un legame con il vicino e frequentatissimo santuario di S. Michele sul Monte Sant’Angelo, quindi non è da escludere un’affluenza di pellegrini che sostavano all’abbazia della SS. Trinità, trovando qui vitto e alloggio. Ancora oggi sul Monte Sacro sono visibili rovine per un alzato di circa sette metri. Dopo il terremoto del 1443 gli edifici danneggiati furono abbandonati. Quindi si ha la straordinaria occasione di poter esaminare un monastero benedettino medievale, naturalmente tutt’altro che intatto ma privo di trasformazioni più tarde, rimodernamenti e ricostruzioni.
Lo studio del complesso monastico da parte del Museo Germanico Nazionale di Norimberga è da ricondurre al prof. Gerhard Bott, il predecessore dell’attuale direttore generale Prof Ulrich Großmann, il quale conosceva i ruderi da molti anni e ne aveva costatato il rapido degrado. Sua è stata l`iniziativa di creare un’equipe interdisciplinare e internazionale tra la cattedra di Storia dell’Arte medievale e moderna della Facoltà di Lettere dell’Università di Bari, la Soprintendenza dei Beni Culturali e Ambientali, come anche, negli approcci con l’ Ecole des Hautes E`tudes en Sciences Sociales di Parigi, allo scopo di esaminare il monastero.
In quegli anni la Professoressa Pipponier e il suo staff stavano studiando Torre Fiorentino I ritrovamenti di questa località dove è morto Federico II sembravano importanti per il confronto e la valutazione dei reperti di Monte Sacro. All’epoca non si arrivò molto oltre un primo contatto e una dichiarazione d’intenti bilaterale. Prima di ottenere, nel 1987, la concessione per iniziare gli scavi si sono dovute superare una serie di difficoltà di livello burocratico. Intenzione di questa prima campagna, diretta dal prof. Wilfried Menghin, all’epoca direttore del Dipartimento Preistorico e Protostorico del Germanisches Nationalmuseum, poi direttore del Museo Preistorico e Protostorico a Berlino, era il rilevamento esatto, in pianta e in alzato, degli edifici compresi nell’intero perimetro del complesso monastico, effettuato da professori e studenti dell’Istituto Superiore Simon-Ohm di Norimberga. Nel settembre 1988 furono proseguiti i rilievi architettonici, e si iniziò una prima campagna di scavo, che si proponeva di chiarire le fasi costruttive dell’abbazia, caratterizzata da una serie di irregolarità strutturali. Tra la terza e quarta campata, sul muro relativo alla navata centrale, fu effettuato nel 1988 un sondaggio; punto di partenza nell’anno successivo per praticare un taglio, erano i crolli di murature e volte, della larghezza di 6 m, attraverso le tre navate e il chiostro confinante a sud. Il risultato rese possibile l’accertamento di due fasi costruttive. Ulteriori chiarimenti riguardo all’analisi architettonica e tipologica della chiesa furono forniti da un secondo sondaggio, fatto nel corpo del muro meridionale della navata mediana, tra l’abside centrale e l’emiciclo sud. Allo scopo di completare le piante del 1988 e inserire nuove quotazioni, furono scoperte le creste delle murature nonché gli innesti meridionali delle fondamenta, ricongiungibili alla piccola cappella situata nel cortile interno del complesso. Il livellamento del piano di calpestio del cortile monasteriale, della cucina e del supposto dormitorio furono definiti attraverso un sondaggio minore intercorrente tra i tre edifici.
Nel 1989 i maggiori rinvenimenti della campagna di scavo furono fatti nel chiostro: si tratta soprattutto di ceramiche del XV secolo e di frammenti vitrei bruciati di finestre, provenienti dalla navatella sud della chiesa. La ricchezza dell’arredo architettonico che caratterizzava il chiostro è testimoniata da una moltitudine di affreschi molto frammentari estratti dal crollo e parzialmente conservatisi in sito sulla muratura esterna della parete meridionale della chiesa; nonché da due colonnine del chiostro e da un capitello con lavorazione a rilievo sui quattro fronti, databile al XIII secolo. All’interno della piccola cappella fu ritrovato il dettaglio di un affresco raffigurante una testina femminile con torsione del busto di tre quarti. Eseguito con cura e in modo particolareggiato, accentua il carattere luminosamente ricco dell’originario arredo monasteriale. Gli scavi del 1990 confermarono che la chiesa aveva subito almeno due fasi costruttive differenti. In origine fu concepita come impianto a mono-navata, provvista di un tetto a capriata lignea, alla quale in un secondo tempo furono aggiunte due navatelle minori. Quella settentrionale è visibilmente più ampia della meridionale, poiché quest’ultima fu condizionata nella sua estensione dalla torre più antica, situata sempre a meridione. Probabilmente coeva a questa fase è la volta a botte che si erge ancora in parte al di sopra della navata centrale. Un primo dettagliato resoconto dei risultati dello scavo venne pubblicato nell’ Anzeiger des Germanischen Nationalmuseums 1990 und 1991 dalla direttrice dello scavo, la dottoressa Brigitte Haas.
Nel 1991 e 1992 furono esaminati l’area piana tra il piccolo complesso con la cappella fuori il monastero e il vero areale monastico. La terra di riporto delle campagne precedenti si era accumulata nell’abbazia, in modo particolare nei dintorni immediati alla chiesa, accanto ai tagli esaminati fin 1990, così fu rimossa, per poter proseguire con ulteriori scavi. I conci sbozzati o lavorati a rilievo furono depositati in una vasta area a sud-ovest del monastero. Fu necessario effettuare ricerche in questa zona, trattandosi dell’unica superficie piana e regolare nelle immediate vicinanze dell’abbazia. Sarebbe stato più agevole utilizzare questo terreno per erigere il complesso abbaziale; si preferì invece edificare il versante orientale molto scosceso, sostenendolo attraverso un sistema costruttivo terrazzato. Durante questi scavi fu riconosciuto un muro divisorio a secco, ben conservato accanto alla piccola cappella, di cui si poterono seguire gli strati sottostanti anche al centro dell’area. Il muretto divideva il cimitero dei monaci a nord dell’area dall’ambito in cui venivano svolti lavori facilmente infiammabili. Abbiamo ritrovato resti di bronzi fusi e resti di carbon legna e cenere. Nonostante la precisa esposizione della dottoressa Sabina Fulloni, con la quale il Museo Nazionale Germanico concluse il suo progetto di ricerca sul Monte Sacro nel 2003, ci sarebbero ancora parecchi punti della rovina in cui si potrebbe fare ulteriore chiarezza sull’ordine cronologico della costruzione attraverso dei piccoli interventi di taglio mirati, soprattutto nei punti di collegamento dei singoli edifici.
Indimenticati rimangono i nostri collaboratori di Mattinata: i signori Nicola e Bartolomeo D’Appolito, il signor Francesco Falcone e il signor Giuseppe Armillotta.
I miei ringraziamenti vanno naturalmente anche al sindaco del tempo d’inizio della nostra ricerca, il prof. Giuseppe Argentieri, per il suo costante interesse e la comprensione avuta nei nostri riguardi.
Inoltre ringrazio anche l’Hotel “Alba del Gargano” che ci accolse calorosamente: un grazie particolare va al signor Matteo Piemontese, purtroppo scomparso poco dopo la nostra ultima visita di ricerca. Lui e anche la sua famiglia si interessarono molto al passato della loro terra e fecero da sponsor per il nostro progetto, offrendoci la possibilità di ottenere un trattamento di favore per il nostro alloggio.
Infine non è da trascurare il fatto che le nostre ricerche furono rese possibili soltanto grazie alla collaborazione con la Cattedra di Storia dell’Arte Medievale e Moderna dell’Università di Bari. La professoressa Calò Mariani ottenne all’epoca il permesso dal Ministero dei Beni Culturali e Ambientali di effettuare la campagna di scavi.
Sono davvero molto felice che si sia sviluppato un grosso interesse da parte degli abitanti di Mattinata per le importanti testimonianze della storia del loro territorio e in particolare per le rovine dell’abbazia della S.S.Trinità.
Il loro interesse e l’interesse del loro sindaco, il Dr. Roberto Prencipe, ha portato oggi a Mattinata i plastici, che costruimmo tra il 1993 e 1994, per aver sotto gli occhi nella lontana Norimberga un’immagine tridimensionale dell’impianto monastico.
Auguro a tutta la comunità di Mattinata e al loro museo che vengano molti visitatori a conoscere la bellezza di questa zona e la sua storia. Auguro loro un turismo fiorente ma dolce, in modo che la bellezza e le testimonianze del passato si conservino ancora a lungo.