Il PD: merita ancora fiducia?

Dal PCI ad oggi.

Durante la mia militanza nel PCI, specialmente dopo i fatti di Polonia, il golpe militare del generale Jaruzelsky nel dicembre 1980 e la messa fuorilegge del sindacato Solidarnosc, ho sempre auspicato una evoluzione decisa del partito verso il socialismo democratico, avendo però come modello la socialdemocrazia europea. 

Questa, del resto, qualche anno dopo, sarà anche l’idea dei cosiddetti “miglioristi” del PCI e soprattutto di Giorgio Napolitano, l’attuale amato Presidente della Repubblica. Negli anni ’80 i vecchi e gloriosi miti (la Rivoluzione del 1917, la classe operaia, ecc.) rimanevano nel cuore di ogni militante comunista ma non più nell’intelligenza; come già aveva intuito l’indimenticabile Enrico Berlinguer non reggevano più di fronte a una nuova realtà socio-politico-economica dell’Italia e del mondo intero, era già in atto, infatti, un altro tipo di “rivoluzione”, quella “telematica” che creava nuove professionalità e addirittura nuovi ceti sociali. Questo era chiaro per i “miglioristi”, non altrettanto per i “conservatori” del PCI (Natta, Cossutta, la CGIL, ecc., con indubbi meriti nel passato).

L’ ”89”, con la fine dei regimi comunisti, dopo un innegabile fallimento politico ed economico, causa l’eredità staliniana e la netta chiusura di quei Paesi ai nuovi rapporti economici imposti da un capitalismo più vivo che mai, darà storicamente ragione ai “miglioristi” rispetto ai nostalgici di una certa tradizione comunista.

Nel PCI,  negli anni ’80 ancora una grande forza politica  e sociale, si sviluppa, quindi, un vivo dibattito favorito proprio da quelle novità che anche il capitalismo italiano annunciava, novità che il PSI craxiano sembrava cogliere più velocemente che non il PCI. Insomma si poneva il problema di “cosa fare” della caratterizzazione “comunista” di quella grande forza, si cercava una via nuova, la cosiddetta “cosa” a cui darà un nome preciso Achille Occhetto eletto il 21 giugno 1988 nuovo segretario generale del PCI dopo il ritiro di Alessandro Natta, per motivi di salute e non solo.

Nel novembre dello stesso anno, coraggiosamente, alla “Bolognina”, una sezione comunista di Bologna, Occhetto annuncia il cambiamento del nome del partito e il prossimo avvicinamento ai partiti socialisti europei. E’ anche la fine del “centralismo democratico” mentre emergono nuovi dirigenti che avranno nel tempo un ruolo molto importante: Massimo D’Alema, Walter Veltroni, Piero Fassino, Livia Turco, ecc.

A Rimini dal 3 febbraio 1991 si svolge l’ultimo congresso del PCI, il XX, e il primo della nuova formazione politica, il “Partito Democratico della Sinistra” (PDS) con simbolo una quercia, alla cui base mostra il vecchio simbolo del PCI. Occhetto e Napolitano si rifanno al riformismo della Internazionale socialista, rinunciano definitivamente ad ogni riferimento al comunismo, anche quello riformato su cui invece insiste ancora Pietro Ingrao, contrario però ad ogni scissione. Altri leader comunisti (Sergio Garavini e Armando Cossutta) non condividono il riformismo del PDS e scelgono la via della scissione, dando vita al partito della “Rifondazione comunista”.

Contrariamente alle attese PDS e PSI non trovano un accordo per l’unità della sinistra riformista, cioè la riunificazione nel socialismo democratico, progetto che sarà definitivamente accantonato con l’emergere della questione morale in politica e che vede il socialismo craxiano pesantemente coinvolto nell’inchiesta “mani pulite” del 1991, condotta dalla Magistratura milanese. Ben presto il glorioso PSI, con altri partiti (DC, PRI, PLI e PSDI), sparirà dalla scena politica italiana, mentre nel frattempo  nasce la nuova formazione politica di stampo populista, “Forza Italia”, per iniziativa, tra il 1993 e 1994, dell’imprenditore Silvio Berlusconi.

PDS e la nuova formazione politica “la Margherita” (per lo più ex democristiani di sinistra) per contrastare l’scesa di una nuova destra (Forza Italia, Alleanza Nazionale e Lega Nord) danno vita all’alleanza nell’”Ulivo” con  Prodi candidato il 1996 alla Presidenza del Consiglio; le elezioni sono vinte anche grazie alla “desistenza” di Rifondazione comunista, con un piede nella maggioranza e uno all’opposizione e proprio per questo il settario Bertinotti costringe dopo due anni Prodi alla dimissioni; succederà la stessa cosa dieci anni dopo, il 2006, con il secondo governo Prodi, ancora dimissionario dopo due anni per l’ennesimo ricatto di Rifondazione, vedi le dichiarazioni dell’On. Giordano allievo di Bertinotti, allora Presidente della Camera.

Intanto il 14 febbraio 1998 per caratterizzarsi maggiormente come forza socialista europea il PDS diventa DS, semplicemente Democratici di Sinistra, con simbolo ancora la quercia ma alla cui base ora figura la rosa del Partito Socialista Europeo. Dopo l’effimero governo D’Alema, negli anni duemila una ulteriore riflessione interna ai DS  e alla Margherita, durante i relativi congressi, si conclude con la fusione dei due partiti, è così che il 14 ottobre 2007 nasce il PD (il Partito Democratico) con un nuovo simbolo, che unisce la scritta PD e il Tricolore nazionale, presente anche il ricordo dell’Ulivo. Walter Veltroni sarà il primo segretario del PD. Punto fermo del programma del PD, con Veltroni candidato alla Presidenza del Consiglio il 2008, è la netta chiusura a Rifondazione comunista e apertura invece all’Italia del Valori  di Antonio Di Pietro.

Dopo questa nota storica credo sia chiara l’origine del PD, i valori e l’eredità storica come riferimento; e proprio per questo sono stato uno dei primi a chiederne la tessera il 2008, puntualmente rinnovata fino al 2012.

Come si sa dal 2009 Pier Luigi Bersani è il nuovo segretario del PD e come tale è candidato alle “Primarie” per la scelta del premier del centro sinistra alle politiche del 2013; Bersani vince al 1° turno e al ballottaggio del 2 dicembre 2012 contro il sindaco di Firenze Matteo Renzi l’avversario più significativo. Il PD alle elezioni del 24-25 febbraio 2013, contrariamente alle attese, vince di stretta misura alla Camera ma non al Senato. Bersani riceve comunque l’incarico di formare un nuovo governo: fallisce il tentativo di alleanza con  M5Stelle, il movimento di Beppe Grillo che ha avuto  una grande affermazione elettorale; il PD, poi, brucia contemporaneamente due candidati alla Presidenza della Repubblica, Franco Marini e soprattutto Romano Prodi. Per coerenza politica  Bersani si dimette da segretario il 19 aprile, gli succede Guglielmo Epifani che è costretto a varare un governo col PdL (!) anche se il premier è Enrico Letta del PD, di indubbie capacità.

A nessuno sfugge la somma di errori commessi dal PD durante e dopo le elezioni di quest’anno così come l’appoggio quasi  incondizionato al governo Monti anche su scelte molto criticabili. Credo, comunque, che D’Alema, Veltroni e l’ “astro nascente” Renzi abbiano sinceramente aiutato il povero Bersani sostanzialmente a perdere le elezioni. Prima di tutto con l’ignorare, caparbiamente, il saggio consiglio del presidente Napolitano a cambiare la famigerata legge elettorale, “il porcellum”; lo si poteva fare anche con il governo Monti: neanche in politica, però, la furbizia premia sempre! E poi, come ha potuto il PD ignorare il pericolo nascente del becero populismo del M5Stelle? Infatti, mentre Bersani e Renzi facevano conferenze in piccoli teatri B. Grillo latrava col suo volgare “Vaffa…” in piazze strapiene, divertiva ma nello stesso tempo dava voce alla sacrosanta protesta dell’ elettorato inviperito per il malaffare dei partiti, PD compreso! E dire che una volta quelle stesse piazze le riempiva la Sinistra e soprattutto il PCI.

Quanto sopra sarebbe già più che sufficiente a non confermare, con la tessera ovviamente, la fiducia al PD, ma purtroppo c’è dell’altro. Malgrado le offese di B. Grillo, i giudizi meschini di Travaglio, le elucubrazioni giuridiche di Di Pietro e i settarismi assurdi dell’estrema sinistra e del “Fatt(accio)Q. (uniti nel creare un clima da guerra civile tra generazioni) il Presidente Napolitano nella storia della Repubblica sarà ricordato come uno dei migliori Presidenti, anche per le circostanze che lo hanno costretto a rimanere al Quirinale dopo sette anni e malgrado la veneranda età. Il PD aveva i voti necessari per eleggere almeno Romano Prodi nuovo Presidente e invece ben 101 suoi elettori tradiscono, malgrado gli accordi.  Di chi la colpa? Renziani e D’Alemiani? La colpa è comunque del PD che perciò non può pretendere la fiducia accordata per anni. I valori e la Storia da cui proviene sono stati in parte traditi!

L’ultima tegola sul PD, sintomo molto preoccupante di degenerazione politica, le elezioni a segretari  provinciali e dei circoli,  poi a dicembre quello nazionale, sicuramente tra l’esibizionista e narcisista Renzi e il più modesto e fino a ieri poco noto Cuperlo: si parla di migliaia di nuovi tesserati all’ultimo momento, quindi ricorsi agli organi di garanzia, ecc. E questo anche per il PD foggiano e per i circoli di molti paesi della provincia. Mattinata non credo perché i tesserati sono sempre stati pochi. Il PD locale, invece, ha ben altri problemi. Personalmente non ho votato, anche perché non ho rinnovato la tessera. Comunque, per me restano sempre punti di riferimento politico  i valori enunciati dallo Statuto del PD; spero, quindi, in tempi migliori. Intanto, per quanto sopra, anche per l’8 dicembre NE’ TESSERA, NE’ VOTO. Questa idea l’ho espressa ben prima di Prodi, come il segretario PD di Mattinata ben sa.

Luigi Gatta
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