Il Comune condannato per espropri di 31 anni fa
La ricostruzione dei fatti ed i passi per l’appello
Sono due i rimedi giudiziali presenti contro la sentenza che ha condannato il Comune a pagare un milione e mezzo di euro agli eredi D’Errico per una vicenda di espropriazione di un terreno anni fa. L’avvocato Berardino Arena ha presentato la citazione per revocazione, strumento attraverso il quale si può ottenere una nuova valutazione del caso dallo stesso giudice che potrà valutarne alcune circostanze di cui non si era potuto precedentemente tenere conto.
Accanto alla revocazione il legale del Comune ha approntato altresì il ricorso di legittimità in Cassazione. Va quindi ancora avanti la lunghissima vicenda nata nel 1984 con l’esproprio a cui è seguita la lite giudiziaria. Su tutta questa storia le informazioni fornite dalla Gazzetta, attraverso il suo corrispondente Francesco Bisceglia, sono sempre state complete e imparziali, dettate dal solo scopo di informare di quanto accaduto, ai quali spetterà esprimersi sulle eventuali responsabilità di burocrati o amministratori dal 1984 ad oggi. Pertanto, è ingiusto sostenere che le notizie siano state fornite in maniera “incompleta e parziale tali da risultare fuorvianti per la comprensione dei fatti”.
Ripercorriamo i fatti. Trentuno anni fa il Comune procedette ad una occupazione d’urgenza al fine di acquistare un’area da adibire a verde pubblico attrezzato. Nel 2000 il Tribunale di Foggia aveva condannato il Comune a risarcire il danno agli espropriati. Ma tale sentenza nel 2003 era stata poi ribaltata in Appello: i giudici baresi avevano accolto l’impugnazione del Comune ritendo prescritto il diritto al risarcimento dei proprietari perché trattavasi di “occupazione espropriativa e non usurpativa”. Gli espropriati ottennero a Roma la “cassazione” della sentenza e il rinvio a Bari per un nuovo giudizio.
Nell’ultima sentenza del 2014 i giudici hanno deciso sull’insussistenza di una valida “dichiarazione di pubblica utilità”, in quanto “la medesima poteva al più evincersi implicitamente dal Piano di fabbricazione del 1973 prodotto dal Comune”. Si era avuta pertanto un’occupazione usurpativa e non occupativa. Inoltre, per la sentenza, “il provvedimento di occupazione d’urgenza del 1984, poiché non tempestivamente posto in esecuzione nei tre mesi successivi, era divenuto inefficace rendendo la procedura illecita ad origine” e aveva impedito la prescrizione stante la permanenza dell’illecita occupazione.
Queste le notizie fornite in un primo pezzo che dava conto della sentenza in modo completo e senza puntare il dito contro nessuno. Ad ottobre scorso poi la Gazzetta riferiva la decisione dell’attuale Giunta di impugnare ulteriormente tale sentenza. Non sono mancate sulla vicenda di questa sentenza accuse e polemiche riservate in manifesti pubblici e perfino in consiglio comunale. Anche di queste polemiche si è dato un resoconto obbiettivo, all’insegna dell’equilibrio tra le varie posizioni in campo. Così, lo scorso 4 gennaio, la Gazzetta ha riferito, sulla base dei verbali della riunione, di quanto avvenuto in consiglio comunale.
L’affermazione che vi sono “1.550.000,00 euro da risarcire a dei privati perché il Sindaco uscente si è costituito in giudizio tardivamente come sancito nella Sentenza emessa dalla Corte di Appello di Bari” è stata riferita dalla Gazzetta come espressione dell’attacco da parte del sindaco in carica contro il predecessore. La Gazzetta ha soltanto dato la notizia di questa accusa in quanto oggetto proprio del confronto in consiglio comunale, fornendo nello stesso pezzo ampio, e anzi maggior spazio, alla posizione dell’ex sindaco, il cui intervento è stato riportato fedelmente.
Abbiamo così riferito che per l’ex sindaco le accuse mosse contro di lui sulla “tardiva costituzione in giudizio del Comune” sono “completamente false” e che “la costituzione in giudizio e il deposito della documentazione, ritenuta non valutabile della Corte perché tardivamente proposta, per nessun motivo è riferibile alla responsabilità degli amministratori, e tanto meno del sindaco”.
Fonte: ''La Gazzetta del Mezzogiorno''