Pubblichiamo ampi stralci dell’intervento che l’amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne, ha tenuto ieri all’ uiversità di Cassino in occasione del conferimento della laurea honoris causa
Non sono un professore. Faccio un altro mestiere, che è molto più umile. Io sono un uomo di industria. Quello che posso fare oggi è portarvi l’ esperienza della Fiat, del cambiamento avviato negli ultimi anni e di ciò che intendiamo fare nel futuro.
Nel 2004 la perdita netta del gruppo Fiat era stata di 1,6 miliardi di euro; nel 2006 abbiamo chiuso con un utile netto di 1,2 miliardi. E nel primo semestre del 2007 i profitti netti del gruppo sono saliti a un miliardo, più che raddoppiati rispetto all’anno scorso. Questi risultati ci hanno permesso di spostare l’obiettivo per l’intero 2007 nella parte alta del range, inizialmente fissato tra 1,6 e 1,8 miliardi di euro.
Ma non ci sono rimedi miracolosi dietro questi numeri. Ci sono senza dubbio alcuni principi di gestione. Se dovessi individuare i più importanti, direi che il primo è porsi obiettivi chiari e realistici. Fiat lo ha fatto una prima volta presentando il piano industriale alla comunità finanziaria nel luglio del 2004. In quell’ occasione sono stati fissati target molto precisi, per ogni area di attività. Raggiunti questi obiettivi, e in alcuni casi anche superati, Fiat se ne è posti altri, altrettanto chiari e quantificabili. Sono quelli che abbiamo illustrato a novembre dell’anno scorso e che, in maniera dettagliata anno per anno, guideranno l’azienda fino al 2010.
Strettamente collegata alla definizione dei target è la necessità di compiere scelte coerenti e mirate al raggiungimento di questi obiettivi, in modo da non disperdere energie e risorse (…)
Anche la Fiat deve i propri risultati a una profonda trasformazione culturale fondata sulla ridefinizione del concetto di leadership, che poggia su cinque pilastri fondamentali.
Il primo è che siamo una meritocrazia. Si tratta di un principio chiaro e riconosciuto a tutti i livelli. Il diritto a guidare l’azienda è un privilegio e come tale è concesso soltanto a coloro che dimostrano di essere leader e che producono risultati concreti in termini di prestazioni di business. La scelta di queste persone è compiuta attraverso una valutazione approfondita delle loro qualità di leadership.
La leadership è insieme la capacità di gestire il cambiamento e di guidare le persone e rappresenta il secondo elemento chiave della nuova filosofia della Fiat: il cambiamento è indispensabile e ricco di opportunità e i veri leader hanno una straordinaria capacità di gestire e far crescere le persone. Tuttavia è l’esercizio di queste capacità sul mercato che alla fine conta.
Per assicurarsi la crescita, occorre andare più veloci del mercato. Ecco perchè il terzo pilastro della nuova realtà Fiat si fonda sulla necessità di fare proprio il concetto di competizione, che oggi in Fiat non è più vista come un rischio ma come una vera opportunità. Non ci illudiamo che si tratti di un compito facile. Mantenete le posizioni acquisite o conquistare nuove quote di mercato, è dura.
Eppure non possiamo accontentarci di essere mediocri. Ed è per questo che la Fiat si è anche posta come obiettivo ambizioso, come quarto elemento portante della sua nuova filosofia, di raggiungere risultati operativi in linea con la migliore concorrenza.
C’è un quinto e ultimo valore fondamentale che regge la nuova Fiat: mantenere le promesse. La credibilità di un’azienda, come di qualsiasi organizzazione, si misura sulla capacità di raggiungere gli obiettivi che ha annunciato. Fiat ha dimostrato essere un gruppo credibile. Cinque semplici principi, niente altro.
Ma il lavoro non è finito. Anzi, è appena cominciato. Con il 2007 la nostra azienda è entrata in una seconda fase, quella della crescita, che si svilupperà, anno per anno, nei prossimi quattro anni. Anche in questo caso gli obiettivi sono rigorosi. Il percorso che abbiamo disegnato ci porterà nel 2010 ad avere un gruppo con un fatturato di circa 70 miliardi di euro e un utile della gestione ordinaria di 5 miliardi pari a 100 volte quello ottenuto nei 2004. Siamo impegnati a costruire un grande gruppo internazionale, che non ha precedenti nella sforia della Fiat.
Come intendiamo farlo è questione altrettanto importante del che cosa vogliamo fare. Mi riferisco ai valori che sono alla base del nostro gruppo. è un tema di cui ho parlato anche di recente. Quindici giorni fa, nel corso di un convegno che si è tenuto in Puglia, a Mattinata, ho fatto alcune considerazioni sul mercato e sulla responsabilità delle imprese. Pensavo si trattasse di un incontro privato con il presidente del Consiglio, Romano Prodi, e un gruppo di professori di economia. è stata una cosa molto privata che in qualche modo è apparsa sulla prima pagina di un quotidiano, e ha dato via ad un ampio dibattito e molte interpretazioni.
Qualcuno ne ha letto un manifesto del capitalismo perfetto. Sarebbe stato arrogante da parte mia e vi assicuro che non lo era. Si è trattato di semplici considerazioni basate sull’ esperienza di anni da amministratore delegato che ha vissuto e lavorato in varie parti del mondo.
Semplici considerazioni pratiche La prima è che nei processi di crescita materiale e civile, non si possono scindere le componenti etiche da quelle economiche (…)
In questo senso la Fiat, come la più grande azienda industriale di questo Paese, può essere da esempio nella diffusione di un comportamento che sia sinonimo di onestà, rispetto, credibilità e collaborazione. Intendiamo assumerci la responsabilità delle nostre scelte. Questo vuol dire che lo sviluppo della Fiat sarà perseguito tenendo conto, e gestendo in maniera efficace ed equa,le conseguenze che esso può avere sulla comunità (…)
Nella propria autobiografia Henry Ford scrisse che ´un’impresa è una collezione di persone che si trovano insieme a svolgere un lavoro. Non è necessario che ogni singola sezione sappia che cosa sta facendo l’altraª.
E poco dopo aggiunse che ´Noi attribuiamo la massima importanza alla responsabilità individualeª. Credo che ci fosse in Ford, che pure fu uno dei più grandi capitani d’industria, un concetto molto diverso di responsabilità e soprattutto di leadership. Era una specie. di dovere a sè stante, qualcosa senza coinvolgimento attivo, senza una partecipazione cosciente e costruttiva. Ciò di cui un’impresa competitiva ha bisogno, è esattamente il contrario. La leadership delle persone e del cambiamento sono diventate la base della ripresa della nuova Fiat (…)
La Fiat di oggi guarda alla competizione con occhi diversi: la vede come un’opportunità da cogliere e da alimentare. Per quanto ci riguarda, abbiamo lavorato e stiamo ancora lavorando per garantire alla Fiat i leader giusti per affrontare questa sfida (…)
Ogni organizzazione sana, snella, guidata da un buon gruppo di leader può dare il meglio di sè in un mercato libero e aperto. Perchè è costretta ogni giorno a osare e ad avere coraggio. è costretta ogni giorno a guadagnare le proprie posizioni, a fare di più e meglio dei concorrenti. Un ambiente protetto, chiuso in se stesso, rallenta la molla verso il cambiamento. E spegne la voglia e l’abilità di competere.
Ma senza la voglia di competere, senza il coraggio di cambiare non si va molto lontani. ´Il futuro – ha scritto Karl Popper parlando di libertà e di responsabilità individuale – è’ molto aperto e dipende da noi, da noi tutti. Dipende da ciò che voi ed io e molte altre persone facciamo e faremo. E quello che facciamo e faremo dipende a sua volta dal nostro pensiero e dai nostri desideri, dalle nostre speranze e dai nostri timoriª.
Soprattutto – Popper lo diceva agli intellettuali, ma credo valga per tutti -quello che dobbiamo fare è avere il coraggio, la forza e l’onestà di cambiare. Questo è anche il modo migliore per costruirci un futuro all’altezza delle nostre aspettative di progresso economico e civile. La storia della Fiat dimostra che cambiare si può e che il cambiamento è positivo per tutti.
di Sergio Marchionne
Tratto da Il Sole 24 Ore del 06/10/2007