“Bbommine, fiori di asfodelo”

Il simbolo arcaico della vita e della morte

Parlare di poesia, quando ogni mattina il càffè o il thè delle nostre colazioni viene condito dalla quotidiana dose di massacri di civili inermi, può apparire cosa stramba. E non pensiamo solo a quanto sta avvenendo nella capitale irachena da quasi tre anni; ma anche a tutto quello che avviene nel resto del mondo. Di tutto il mondo, non solo del terzo mondo un tempo area esclusivista di massacri.

Per fortuna esiste anche la Poesia, che ha una sua forza, dolce e dirompente. Quella forza di conquistare attraverso le parole ed il suono, specie quando recitata più che letta, le persone uomini e donne. Tra le tante forme di poesia, che fortunatamente circolano, c’è quella di Francesco Granatiero. Un autore sempre più conosciuto, d’altronde scrive e pubblica da trent’anni e con questo ultimo lavoro che è stato presentato all’Università di Foggia, si compie un ulteriore passo in
avanti della sua ricerca poetica e linguistica. E nel caso di Granatiero, trova conferma quella particolare genia che è tipica italiana, ovvero che non sempre ad una professione corrisponda solo e soltanto quella.

Infatti granatiero è un medico, ma è anche un poeta e un ricercatore di linguaggio/i. Cos” si può unire alla vasta schiera di cantautori, come Paolo Conte, o medici cantanti come Enzo Jannacci, come i numerosi esempi di pittori, scultori che pur provenendo dalle cosiddette professioni liberali, praticano i vasti campi della letteratura e delle arti.

Anche per i poeti, si può affermare quanto di solito si dice riguardo agli allievi in generale, che poi superino i loro maestri. Bene le poesie di questa raccolta, Bbommine, fiori di asfodelo, scritte per ed in ricordo di due persone care al poeta, segnano uno dei momenti di massima intensità di Granatiero. Tutti noi, e qui credo di non sbagliare, abbiamo avuto contatto con le liriche del Pascoli, e tra esse quella della Cavallina storna. Una poesia che contiene tutta la tristezza di un figlio che ricorda il padre scomparso in maniera tragica. Anche in questi fiori, i Bbommine di Granatiero, ritorna il ricordo verso chi aveva intrapreso un viaggio è non ne ha fatto più ritorno.
Parole di dolore che vengono pronunciate sommessamente, ma che arrivano dritte al cuore, sia se lette nel dialetto garganico che nelle loro versione in lingua.

La serata di presentazione del volume nell’aula dei seminari della Facoltà di Lettere di Foggia, ha dato l’opportunità di ascoltare queste liriche direttamente dalla voce dell’autore. Francesco Granatiero ha letto poesie come Cafùerchie iròtte irève (Tane grotte voragini) o Furnesije (Frenesia), ai cui versi Achille Serrao ha fatto riferimento per esporre la sua intensa relazione, che, partendo dai fondamentali studi critici di Giovanni Tesio, Pietro Gibellini e Franco Brevini, ha tracciato lo svolgersi di una ricerca poetica tanto necessaria quanto originale, attraverso un percorso di oltre sei lustri, parlando di metapoesia, di fonosimbolismo, di archeologia della parola e della psiche.

Una voce che ha scavato nell’animo degli astanti, come solo i versi del ricordo verso le persone amate possono fare. Il libro del Granatiero è stato presentato da un altro poeta, cosa meritoria ed allo stesso tempo inusuale. Achille Serrao infatti è critico e poeta, il suo intervento è stato preceduto da una introduzione del professor Domenico Cofano ordinario di Letteratura presso la Facoltà di Lettere di Foggia. Cofano ha affermato che il lavoro di Granatiero è inserito nel solco di quanto emerse nel Convegno su La poesia neodialettale in Capitanata tenutosi a Foggia nel 2004. il professor Cofano ha sottolineato: ´come la poesia di Granatiero non è tutta nel rimpianto per l’identità perduta, nè tantomeno sfiora le note accorate della nostalgia tipiche di tanta poesia dialettale, ma in tutte le sue raccolte, e ancor più nella sobria e delicata elegia di Bbommine, fiori di asfodelo, si immerge nella profondità della parola arcaica ma per dilatarsi, interiormente sospinta da una precipua tensione di alterità“.

A proposito del titolo di questa raccolta, una precisazione l’ha fatta l’autore nelle Note a fine testo; crediamo utile qui riportarla, perchè conferma quanto sia profonda la ricerca che questo poeta compie nel suo scrivere: Bbommine, fiori d’asfodelo, è parola polisemica, per questo è stata preferita ad alevuzze fiori d’asfodelo (lat. *albuces, da albus bianco) e a bburrazze o bburracce (porraccio), che indica non l’infiorescenza, ma la pianta nel suo insieme.

L’asfodelo è il fiore dei morti (come nel mondo greco e latino) e dè l’emblema della vita (u bbommine è anche il bambino e, per antonomasia, il Bambino Gesù). Una ricerca, quella di Granatiero, iniziata nel lontano 1976 con il volumetto All’acchjitte e proseguita con i titoli U irène (1983), La prète de Bbacucche (1986), Enece (1994), Irève (1995), L’endice la grava (1997), Scùerzele (2002), che perviene ad una densità estrema di artificio (Giovanni Tesio), ma si affida a paròule-ènece, parole-nidiandolo (il nidiandolo, è l’uovo finto, il ciottolo levigato usato per indurre le galline a fare uova vere nel posto giusto); e lo fa con impegno filologico, dissotterrando parole gravide di terra, portando alla luce – sono parole di Granatiero – ´i segni e le cicatrici di antiche offese, correlative di sofferenze non ancora del tutto scontate“; ma anche – evidenzia Achille Serrao – ´parole-radici di poesia risorte dal passato e impulso alla creatività del presente“.

(Clicca qui per ascoltare alcune poesie di Granatiero, lette dallo stesso poeta mattinatese).

Gianfranco Piemontese
(tratto dal settimanale La Cronaca di Capitanata)
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