Monte Saraceno, la quiete di un'antica necropoli

La propaggine più estrema del promontorio del Gargano, un luogo di grande importanza paesaggistica ed archeologica

Monte Saraceno è uno sperone che si protende sul mare ed è formato da tre colline con altezza variante dai 230 ai 260 metri. Un’altezza certamente non rilevante, ma il secco divario aritmetico, tra pianura mare e roccia, ne accentua il senso del vuoto. E’ a 5 km dall’attuale centro abitato di Mattinata, verso Manfredonia.

Per raggiungerlo bisogna risalire la S.S. 89 fino alla diramazione di Sellino Cavola, posto panoramico di straordinario effetto. Poi, lasciata l’auto, si percorre, per circa 1 km, una stradina incassata tra la roccia ed i pini marittimi, avendo come costante la veduta del paese con gli uliveti della pianura, la baia ed il sovrastante profilo di Monte Sacro. Il sentiero percorre in cresta l’intero sperone roccioso di Monte Saraceno.

Sin dalle remote origini, la storia di Mattinata, o della vecchia Matino, coincide con quella del vicino Monte Saraceno. Gli antichi abitatori del territorio furono i Matini: tribù della civiltà euroasiatica dei Dauni, sbarcati nel promontorio garganico dalla vicina Illiria intorno all’ VIII-VII secolo a.C., anche se l’intera area fu popolata fin dal VI-V secolo a.C., come attestano gli insediamenti neolitici e paleolitici rinvenuti. Attratti dalla felice posizione della rada coronata da un sistema collinare degradante a ferro di cavallo, i Matini s’insediarono nella piana e su uno sperone roccioso che chiamarono Monte Matino, l’attuale Monte Saraceno, così denominato in seguito all’arroccamento dei Saraceni, avvenuto intorno all’anno mille.

La necropoli-santuario di Monte Saraceno, circondata dall’antichissima Matino, conserva le più mirabili testimonianze dei Dauni. Una civiltà pacifica, dedita all’agricoltura, alla caccia ed alla pesca: chiusa nell’intimo tribale fino all’autoestinzione. Poco al di sopra della strada, tra il rosmarino e la macchia, appena sferzate dal tempo, s’intravedono, in serie pressocchè continua, le prime delle oltre 500 tombe della necropoli.
Esse sono incavate nella roccia calcarea a forma di utero o borsa.

Infatti, ospitavano la salma rannicchiata, secondo i riti delle zone di origine euroasiatiche. In cima si mostrano scoperte, come delle cavità, ma erano comunque presenziate da segnacoli in pietra: teste, steli, scudi o falli. Nelle tombe, sparse su gran parte del Monte, sono stati rinvenuti casi dauni e predauni, fibule illiriche, fogliate e ad aree, manufatti di ambra e vaghi di pasta vitrea. Le abitazioni di questa che fu l’antichissima Matino, circondavano la Necropoli ed erano costituite, probabilmente, da capanne di frasche e pelli a forma circolare o a ferro di cavallo sorrette da un palo centrale. All’estremità del Monte, s’intravede la millenaria via sacra dei Dauni che collega con il sottostante mare.

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