L'eremo della Sperlonga

Incantato paradiso cristiano ricco di misteri e sotterfugi ai piedi di un versante roccioso, quasi a perpendicolo, tra vallate con pareti a stapiombo

Su di un piccolo altipiano, al centro di due bellissime vallate con pareti quasi a strapiombo e ai piedi di una parete rocciosa quasi a perpendicolo, si ammirano i composti e solenni avanzi del convento pulsanese di Santo Stefano. La splendida località che lo ospita è chiamata Sperlonga.

Alla destra vi è un viottolo che conduce al complesso paleocristiano. Dopo aver varcato un piccolo accesso, si entra nello spiazzo antistante i due ingressi. Sulla destra c’è la porta d’ingresso a forma rettangolare. Sull’architrave risulta la presenza di graffiti, al centro una croce pulsanese, al lato sinistro il sole e a quello destro la luna (che è appena percettibile). E’ proprio su questo ambiente che, all’esterno, sono visibili gli avanzi di un monumento. Esso doveva essere formato da tre gradinate con al centro una colonna quadrangolare; su di un lato vi era una statua rappresentante Santo Stefano, in posizione semicoricata e, all’apice della colonna, una croce. Dall’esame della statua si desume che debba trattarsi di Santo Stefano, re di Ungheria.

Si accede alle fabbriche conventuali tramite un portale quattrocentesco di delicata fattura, alto 3,50 e largo 1,90 metri, che, a tutto sesto, è inquadrato da una cornice a mezzo tondo di forma rettangolare; al centro dell’arco doveva esserci una iscrizione che, con molta probabilità, fu scalpellata nell’epoca murattina, mentre, al di sopra e al centro dell’inquadratura, vi è lo stemma dell’ultimo commendatario che fece decorare la chiesa con affreschi e con un magnifico altare in pietra di Monte S. Angelo, con colonne tortili, statue e bassorilievi di ottima fattura. Questi reperti furono custoditi in casa dell’Arciprete Azzarone ed utilizzati poi come ornamento interno ed esterno della Chiesa Parrocchiale di Mattinata . Le pietre dell’arcata di accesso presentano molti graffiti di simbolissimi, date e figure di diavoli e diavolesse; in molti conci interni predomina il simbolismo della stella di David.

Entrando, a sinistra vi è un arco a tutto sesto, in pietra da taglio, che immette in un ambiente utilizzato dal monaco portinaio per la panificazione poichè, sulla parete di fondo, insiste un forno di discrete dimensioni. Dall’arcata monumentale al piccolo chiostro interno si percorre un corridoio coperto da volta a botte. Il chiostro, a forma rettangolare, sulla destra presenta due arcate coperte a tutto sesto ed in pietra da taglio; sulla sinistra una grande arcata con volta a botte. Sulla parete di fronte si notano altre due arcate che, come quelle di destra, presentano sugli stipiti interni, avanzi di affreschi.

Al centro dell’arco di sinistra si apre l’accesso al giardino che presenta un muro in malta e pietrame; su questo muro sono ricavate 24 nicchiette arcuate. Erano, forse, sepolture, cosa non nuova in ambienti monastici e chiesastici. Il lato nord-ovest del muro di cinta è dato dalla parete rocciosa della montagna. Su questo lato vi sono, verso nord, i ruderi di due torri di vedetta. All’angolo destro di fondo vi è una tomba; mentre sulla parete sinistra un’edicola rettangolare che presenta tracce di affreschi. Le pareti presentano varie feritoie.

La porta d’accesso alle celle ed al piano superiore è in asse al portale principale: essa è a tutto sesto ed in pietra lavorata. I residui ambienti, salvo alcuni, sono adibiti a ricoveri di mucche e capre; lo stato delle fabbriche è fatiscente.
La chiesetta è di forma rettangolare. Il portale, in pietra da taglio, è del secolo XV. Al centro, in alto sulla facciata, vi è un edicola con arco a tutto sesto che conteneva una pregevolissima statua in pietra del secolo XIV raffigurante Re David che suona la lira, su cui è inciso il XVI versetto del Salmo 50 davidico.
Al di sopra dell’architrave della porta si leggeva un epigrafe, che mani vandaliche e furtive distrussero e i cui frammenti sono stati scovati nei pressi dei vicini muri a secco. I resti dell’epigrafe, in parte ricostruita, possono essere ammirati oggi nella collezione del defunto Dottor Sansone, farmacista di Mattinata.

In un solo documento c’è notizia di questo convento; si tratta della bolla di Papa Alessandro III del 1177 ove si riconosce come dipendenza dell’Abbazia di Pulsano.

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